Friedman: l’attacco era certo, Trump vive nel suo reality

L’intervista al giornalista, scrittore e politologo: «Se il regime rispondesse con un’aggressione letale, sarebbe l’Ira di Dio»
Avrebbe voluto sbagliarsi Alan Friedman, ma non è stato così. All’una e 57 italiana della notte tra sabato e domenica scorsi, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, senza l’approvazione del Congresso, ha attaccato tre siti nucleari iraniani, sganciando bombe “bunker buster”. Un risveglio irrequieto per il mondo intero. Ma anche un’azione «frutto di un abuso di potere presidenziale», dice il politologo Friedman che nei giorni scorsi aveva già dato per certo l’attacco degli Stati Uniti: lo aveva scritto nero su bianco nel suo ultimo libro “La fine dell’impero americano” e ripetuto senza sosta nelle ultime dichiarazioni rilasciate in televisione. «È probabile che Trump prosegua il fine settimana con qualche attacco, perché hanno già spiegato che vogliono cambiare regime», aveva detto appena tre giorni prima dell’attacco all’Iran, «poi sappiamo che Trump è imprevedibile e impulsivo, non fa una politica estera di strategia ma fa un reality show». Meno di 72 ore dopo, bombardieri strategici B-2 Spirit e missili da crociera Tomahawk sono stati lanciati sui siti nucleari di Fordow, Natanz e Isfahan. Se ieri il mondo attaccato alla televisione si chiedeva cosa accadrà adesso, una prima risposta arriverà già questa mattina da Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin incontrerà il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi: se Putin appoggiasse l’Iran, attaccata dagli Stati Uniti, gli scenari e gli equilibri internazionali «si potrebbero complicare», spiega Friedman. E non solo militarmente.
Friedman, lei per ben tre volte aveva anticipato l’attacco degli Stati Uniti sull’Iran. E oggi è accaduto.
«Il fatto che Trump ha sganciato le mega bombe non mi sorprende. L’ho previsto in televisione e l’ho scritto anche nel mio libro “La fine dell’impero americano” e proprio in quel libro ho scritto che una volta presidente Trump avrebbe portato un nuovo disordine mondiale, un periodo buio di maggiori conflitti. Non avrebbe risolto l’Ucraina, ma avrebbe aiutato Putin contro l’Ucraina. Avrebbe dato carta bianca a Netanyahu a condurre la brutalità a Gaza e continuare le sue guerre. Tutti questi fatti sono avvenuti, ahimè. Purtroppo avrei preferito sbagliare».
Quali sono stati i segnali del presidente Trump che potevano far presagire un attacco che lei non ha sottovalutato?
«Ho sempre detto che Trump non ha una strategia logica né nei suoi conflitti né nelle sue guerre commerciali di dazi. È un uomo narcisista, per lui è importante dominare la prima pagina dei titoli, essere sempre al centro dell’attenzione. Poi è un bullo. È un uomo che ragiona come un dittatore. Per questo lui ammira Putin. Trump vorrebbe essere un capo di Stato che non deve spiegarsi né al Parlamento né alla stampa libera né alle Corti né al tribunale. Il suo comportamento a livello internazionale replica spesso quello di un capo mafia. Lo fa quando dice all’Europa che se vuole vendere qui c’è un dazio, esiste un pizzo per entrare nel mercato americano del 10% su tutti i prodotti europei, per esempio».
Quali saranno le conseguenze a breve e lungo e termine di questo attacco?
«Non sappiamo ancora il risultato finale del bombardamento, e lo dico con cautela. È molto difficile fare la pace quando si umilia l’Iran. Essere umiliato dal presidente americano non aiuta, ma dall’altro canto è anche vero che l’Iran è il principale finanziatore di terrorismo nel mondo».
Il controllo del nucleare o il terrorismo, su quale punto dovremmo essere più preoccupati?
«L’Iran controlla Hamas, Hezbollah e Houthi, quindi più che l’aspetto nucleare mi preoccupa il controllo del terrorismo».
Quale sarà la risposta dell’Iran?
«Se è intelligente, l’Iran dovrebbe fare un contrattacco che io chiamerei “pro forma”. Un attacco non del tutto serio, che non fa molto ma permette all’Iran di raccontare a casa che abbiamo contro attaccato».
E se non fosse così?
«Se facesse un attacco letale contro gli americani scoppierebbe l’Ira di Dio di Trump, questo è chiaro. Trump bombarda Teheran. Quindi, l’Iran deve cercare di fare il minimo necessario contro l’Occidente, piuttosto contro Israele che contro l’America. Se muore un singolo soldato americano, Trump farà scattare l’Ira di Dio».
Ma si potrebbe parlare di una Terza guerra mondiale?
«No, un attacco dall’America contro l’Iran e una risposta limitata dall’Iran non fa una Terza guerra mondiale, se poi tornano a negoziare. Se non si torna a negoziare, non temo che la guerra si allarghi, ma temo piuttosto che chiudano lo stretto di Hormuz. Ciò vorrebbe dire che il 20 per cento del petrolio che arriva in Europa sarà bloccato e costerà il doppio. Dobbiamo calmare gli europei: la guerra non arriva in Europa, non arriva a Milano, Roma o Napoli e non si allarga in una conflagrazione mondiale, è una cosa trilaterale in questo momento».
E quali sono le complicazioni che ci saranno già da domani, tra Putin e Trump?
«La complicazione politica che vedo sarà lunedì (oggi, ndr), quando il ministro degli Esteri iraniano incontrerà Vladimir Putin a Mosca».
E che cosa potrebbe accadere?
«Se Putin darà il suo appoggio all’Iran, si creerà un grande dilemma per Trump. E io temo un’altra cosa: il bombardamento di Trump sull’Iran legittima e dà a Vladimir Putin la pretesa di bombardare sempre di più l’Ucraina. E io temo che alla fine di tutto questo, Trump può arrivare a chiedere a Putin di lasciare l’Iran e dare l’Ucraina. Io temo che Putin potrebbe sfruttare la situazione in Iran e lui è un alleato dell’Iran che ha offerto di mediare. E ciò vuol dire prendere la parte di Iran o svendere l’Iran a Trump in cambio della testa di Zelensky».
Questo è il dietro le quinte della reale politica. Trump ha attaccato l’Iran senza l’approvazione del Congresso: secondo lei, è stato un atto costituzionalmente legittimo oppure è un abuso di potere presidenziale?
«Un abuso, senza dubbio».