IA: quel drenaggio del sapere silenzioso e non retribuito

Non è una questione di demonizzare strumenti meravigliosi che l’ingegno umano ha prodotto, ma di renderli equi o almeno etici
PESCARA. Da lago a stagno. Che ristagna, diventa maleodorante e putrido. Questo è lo scenario che oggi incombe sull’intero ecosistema dell’informazione, della creatività, della ricerca, dei saperi in generale. Spunti di riflessione e rischi su cui si è ragionato nell’evento organizzato da Confindustria Abruzzo Medio Adriatico all’Aurum, dedicato al nuovo umanesimo industriale. Un umanesimo digitale, forse, perché il modo di istruirsi e informarsi cambia a velocità folle. Da quando è stata lanciata la prima versione di ChatGPT 30 novembre 2022, anche il contenuto online è stato cannibalizzato: i dati parlano chiaro (alcuni editori registrano perdite di traffico dai motori di ricerca tra l’1% e il 25%).
In pochissimo tempo, basta aprire Google, basta cercare fonti affidabili, basta gincane tra siti illeggibili vittime dell’epidemia dei banner pubblicitari. Ora invece si digita sullo schermo ciò che si desidera sapere: un fatto storico, notizie su un incidente in tangenziale, come si produce il miele, la ricetta perfetta per le polpette, come convertire quintali e tonnellate. L’intelligenza artificiale, soddisfa tutti e sembra esaltare Gaber quando cantava: «la nostra fantasia non ha confini, basta un pennello, un colore e noi siamo pronti a perpetuare la creatività dei popoli latini». C’è un prezzo beffardo per tutto questo: la persona che ha prodotto il contenuto della ricerca desiderata, da cui l’IA si è abbeverata e allenata, rimane non retribuita.
La tesi del ricercatore utilizzata per scrivere un saggio? Non menzionata né pagata. Il video di nonna Rosa che spiega come si fanno le pallotte cace e ove? Neanche una misera visualizzazione, moderna valuta oggi più necessaria del contante. I social stessi in questi anni hanno massimizzato i profitti, cannibalizzando e sfruttando il contenuto di giornali, riviste e tutto ciò che circola online per generare traffico, da convertire in redditizia pubblicità. Ma esclusivamente per le big tech.
Non è una questione di demonizzare strumenti meravigliosi che l’ingegno umano ha prodotto, ma di renderli equi o almeno etici, come hanno ricordato Papa Francesco prima – «L’intelligenza artificiale deve essere ordinata alla persona umana e diventare parte degli sforzi per ottenere maggiore giustizia, fraternità più estesa e un ordine sociale più umano» – e Papa Leone XIV poi – «L’innovazione tecnologica può essere una forma di partecipazione all’atto divino della creazione… La Chiesa quindi chiama tutti i costruttori di IA a coltivare il discernimento morale come parte fondamentale del loro lavoro, sviluppare sistemi che riflettano giustizia, solidarietà e una vera riverenza per la vita».
Guardiamo dunque oltre lo strumento. Dai social alla corsa all’IA assistiamo attoniti al doppio furto con scasso della PayPal – mafia, grandi magnati e investitori in social media e Ai: Peter Thiel, Elon Musk, Reid Hoffman, Max Levchin, David Sacks, Keith Rabois, Roelof Botha, Jeremy Stoppelman…. Prima alleati dei governi democratici a stelle strisce, poi, intercettato il cambiamento, cavalcano l’onda Trump e rilanciano verso il tecnoentusiasmo più spinto senza regole. L’obiettivo dichiarato di costruire server per rendere le IA ancora più potenti, fino a diventare l’unico gestore di ogni bisogno, vezzo e servizio umano. Estetica del potere settario dei tecnovassalli alla corte di re Trump. Non l’ombra di una retribuzione per chi sta fuori dalla luce dorata della Silicon Valley.
Torniamo a quel lago dal quale, oggi, l’IA attinge e si nutre di dati, energia elettrica, saggi, libri, lavori, pensieri, progetti, articoli. Il drenaggio continua senza sosta. Come evitare il rischio è che l’acqua si prosciughi o, nella migliore delle ipotesi, ristagni in se stessa, imputridendo? Serve una tassa? Un obbligo che costringa chi detiene questo oligopolio a rendere il sistema più equo? Una logica di partizione del guadagno basata sulle risorse da cui l’Ai si rifornisce? La soluzione semplice, la risposta è sì. Mentre la volontà di ragionarci sembra davvero lontana.
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