Valerio Majo: «Catanzaro-Pescara è la mia sfida del cuore»

L’ex centrocampista, 72 anni: «Da Ortona in biancazzurro nonostante la Fiorentina. In giallorosso mi volle Mazzone: contro di lui facevo sempre grandi prestazioni»
PESCARA. Catanzaro-Pescara nel segno del doppio ex, quel Valerio Majo, che magari ai più giovani non evoca grandi ricordi, ma che a 72 anni ha esperienza da vendere e conosce i due ambienti. E in vista della ripresa del campionato di serie B - e dell’anticipo di venerdì sera al Ceravolo - dice la sua. «Il Catanzaro mi sembra in salute, mentre il Pescara dovrebbe giovarsi della scossa che di solito dà l’arrivo del nuovo allenatore. Detto ciò, i valori tecnici restano quelli. E la classifica dice che il Catanzaro è messo meglio».
Fin qui la premessa dell’ex centrocampista ortonese che a Pescara ha giocato in C all’inizio degli anni Settanta e a Catanzaro degli anni Ottanta. Majo è apparso sorpreso dall’esonero di Vivarini. «Al posto di Vincenzo Vivarini, in estate, avrei chiesto maggiori garanzie sul piano tecnico prima di accettare l’eredità di Baldini», sostiene Valerio Majo, «a Pescara è arrivato dopo l’esonero di Frosinone e io al posto suo ci sarei andato con i piedi di piombo. Prima o giocatori e poi la firma. Così non è stato e poi è rimasto incastrato. Detto ciò, rispetto il pensiero del presidente Sebastiani che ha il diritto, come tutti d’altronde, di dire ciò che pensa. Ero a Palermo la serain cui i rosanero hanno fatto cinque gol al Pescara. Non è una questione di correre o di agonismo. La differenza di valori tecnico è stat talmente lampante che non ha bisohgno di essere argomentata. E così contro il Monza. L’allenatore c’entra relativamente. Ma, ripeto, il presidente ha il diritto-dovere di dire la sua. In questo caso, però, chiama Vivarini nel suo ufficio e gli comunica il suo pensiero. Magari anche a brutto muso. Quelle dichiarazioni pubbliche non hanno fatto il bene del Pescara, perché hanno minato la credibilità del tecnico nei confronti della squadra e della piazza. Ribadisco: non discuto se il presidente ha ragione o ha torto. Anzi, a maggior ragione se il suo convincimento è corretto, deve dirglielo a quattr’occhi».
Già, ma venerdì sera si giocherà. «Sarà uno spettacolo al Ceravolo e servirà una prova gagliarda al Pescara per fare risultato. Il Catanzaro è forte e in casa soffia il vento del pubblico che può fare la differenza».
L’amarcord. Valerio Majo è partito da Ortona. Inizio anni Settanta. «L’allora presidente Costanzo un giorno mi chiama e mi comunica che mi vuole il Pescara. Vado a fare un’amichevole con la De Martino contro la prima squadra. La sera facciamo l’accordo». Ma c’è un retroscena. «Mi voleva la Fiorentina». Che non a caso è tornata alla carica dopo un paio di anni. «Tutto fatto, al Pescara andavano 40 milioni. C’era una clausola. Il rinvio della chiamata militare. A Pescara erano convinti di riuscirci, ma così non fu. Arrivò la chiamata per il servizio di lega e addio passaggio alla Fiorentina».
Majo fu ceduto al Taranto. «Mi volle il tecnico Invernizzi che l’anno prima aveva vinto lo scudetto subentrando in panchina al Mago Herrera». Da lì la carriera che nel 1979 s’incrocia con la maglia giallorossa del Catanzaro in serie A. «Mi volle Mazzone», ricorda la vecchia gloria ortonese, «Ogni volta che giocavo contro di lui disputavo grandi partite e allora, dopo che il Napoli non mi aveva riscattato dal Palermo, eccomi a Catanzaro. Mazzone, Burgnich e Bruno Pace. Poi, mi chiamò Catuzzi a Bari e andai via».
Altri tempi e altro calcio. «Più tecnico quello che ho vissuto, più fisico quello attuale. A mio avviso», riprende il doppio ex della sfiuda del Ceravolo, «a tutti i livelli un pizzico di tecnica di base in più non farebbe male. Dico la verità: mi piange il cuore vedere il Pescara nei bassifondi della classifica. Ma oggi il calcio deve essere il più possibile sostenibile. Non si può andare oltre le proprie possibilità. Probabilmente, circolano troppi soldi. Può darsi. Ma resta il discorso legato ai settori giovanili in cui il lavoro dovrebbe essere più indirizzato sul gesto atletico che sulla crescita fisica. A Pescara come altrove».

