L’editoriale

Il vaso di Pandora e l’Iran

22 Giugno 2025

L’editoriale del direttore dopo l’attacco americano ai tre siti nucleari in Iran. «Si sta realizzando l’ultima profezia di Papa Francesco, quella folgorante immagine inventata da Papa Bergoglio: “La terza guerra mondiale arriverà a rate”»

“In fondo non é successo nulla”. Ce lo diranno in tanti, spensierati, matti, o entrambe le cose insieme. Qualcuno, persino qualcuno che noi ci siamo abituati a considerare serio, proverà a ripetercelo, nelle prossime ore: tutto a posto, missione compiuta con il bombardamento dei siti nucleari ordinato da Trump. Ci spiegheranno che l’Iran e il suo regime se lo meritavano, che la tranquillità di Israele lo richiedeva, ci diranno che da oggi siamo tutti più sicuri di ieri. L’unica cosa certa é che é vero esattamente il contrario: non è (solo) l’Iran l’obiettivo di questo attacco, non sono (solo) gli Ayatollah, i bersagli di questi razzi. Siamo esposti alla reazione a catena imponderabile delle conseguenze tutti noi, il mondo civile, tutti quelli che non vogliono una escalation bellica, che da oggi devono sentirsi meno sicuri. E non solo per i rischi, possibili, di una “guerra asimmetrica”, di vendette terroristiche, di profonde ferite di odio che i conflitti aperti da Bibi Nethanyau stanno creando in tutto il Medio Oriente. Ma perché oggi viene infranto definitivamente un fragile equilibrio che era l’ultima eredità della pace di Yalta, il più grande lascito della seconda guerra mondiale. Si sta realizzando l’ultima profezia di Papa Francesco, quella folgorante immagine inventata da Papa Bergoglio: “La terza guerra mondiale arriverà a rate”. Se Putin può prendersi l’Ucraina, se Israele può prendersi l’Iran (e tutto quello che vuole), allora perché la Cina non può prendersi Taiwan, e l’America la Groenlandia, il Canada e magari anche il New Mexico? Il Vangelo di guerra della nuova ferocia si sostituisce all’equilibrio di Yalta che ha governato il mondo per ottant’anni. É il tempo degli avventurieri, degli sterminatori, l’unica regola riconosciuta è la legge del più forte. Niente, come la rottura di questo equilibrio è rischioso per il mondo civile. Il primo dato grottesco riguarda la figura di Donald Trump, che - eletto con l’ambizioso progetto di mettere fine a due guerre ne ha già scatenate altre due. Il secondo ci conduce a Nethanayu, che raccontandoci di voler evitare una guerra ne ha appena avviate cinque (prima dell’Iran a Gaza, in Libano, contro lo Yemen, contro la Siria). Il terzo problema Che abbiamo é la grancassa sul riarmo e sulle spese militari, che diventeranno rapidamente l’unico mantra, soprattutto in Occidente, a scapito di ogni investimento civile. Il quarto effetto collaterale riguarda Gaza (e tutti gli altri conflitti “minori”) che, come sta già accadendo, scompariranno dall’agenda del mondo e dall’obiettivo dell’informazione. Lo sdoganamento della guerra come unico strumento darwiniano di risoluzione delle controversie internazionali non potrà che moltiplicare i conflitti. L’ultimo interrogativo riguarda il destino dell’Iran. Se tutti gli oppositori del regime degli Ayatollah in questi giorni - a partire dal premio Nobel Shirin Ebadi - ci hanno messo in guardia dalla menzogna apparentemente seducente del “regime change”, é perché dal crollo di tutti i regimi in questi anni (Libia, Iraq, Afghanistan, Siria, solo per citare alcuni esempi) non é mai nata una democrazia, ma solo altri regimi, caos, instabilità. L’ultima drammatica conseguenza di questa crisi è già segnata sui tabelloni di tutti i distributori d’Italia e del mondo: era bastata la minaccia della guerra per far esplodere il prezzo del petrolio. Adesso quel contatore inizierà a girare veloce. L’imbuto del mondo, da domani diventa un punto sulla carta geografica fra terra e mare che gli italiani faticherebbero a collocare in una prova di geografia. Il suo nome é stretto di Hormutz. Per questo braccio di mare lungo sessanta chilometri e largo trenta, su cui si affacciano le coste dell’Iran transita un quarto della produzione mondiale di petrolio. Questo stretto, così decisivo per gli equilibri economici di tutto il pianeta, può diventare il bersaglio di un regime disperato di un regime ferito a morte (ma ad oggi non ancora morto) desideroso di vendetta. L’intervento nello stretto non sarebbe una mossa stupefacente, se è vero che il regime degli Houthi ha fatto esattamente o stesso nel golfo di Suez, costringendo le navi di tutte le compagnie a circumnavigare l’Africa per sfuggire ad una minaccia anche solo potenziale. E ci sono milizie scite in Iraq, oltre quelle che abbiamo citato nello Yemen. Trump ha iniziato una guerra dicendoci che “è il momento di fare la pace”. Questo ultimo capitolo sembra partorito dalla fantasia distopica di George Orwell. Si tratta di scenari da incubo che possono verificarsi, come non verificarsi. Possono realizzarsi in tutto, o in parte, ma di certo già determinano un nuovo paradigma della guerra, perché questi tre razzi sull’Iran cambiano le regole del gioco in tutto il mondo: il vaso di Pandora si é rotto.