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11 APRILE

Oggi, ma nel 1939, a Caia Zeret, in Etiopia, il plotone chimico della divisione granatieri di Savoia del regio esercito italiano, supportato dagli ascari, fucilava 800 componenti della resistenza locale degli Arbegnuoc, guidata da Abebe Aregai. Avveniva dopo aver snidato i riottosi, il 9 aprile precedente, asserragliati nella fenditura naturale, detta Amazegha Washa, ossia “la grotta dei ribelli”, posta a 150 chilometri di distanza da Addis Abeba. I guerriglieri veniva costretti ad uscire grazie a bidoncini d’iprite, il tioetere di cloroetano, gas micidiale proibito dalle convenzioni internazionali, in grado non solo di bloccare la respirazione, causare la cecità, ma di essere vescicante, ovvero di penetrare sotto la pelle, anche attraverso tessuti impermeabili, aprendo piaghe.

Erano gli ordini impartiti dal generale Ugo Cavallero, comandante delle truppe dell’Africa orientale italiana, che esaudiva i voleri del vicerè, il duca Amedeo d’Aosta, che a sua volta eseguiva le direttive impartite da Benito Mussolini. Il Duce, da Roma, desiderava stroncare la rivolta che rendeva ingovernabile quell’area del possedimento d’oltremare del Belpaese. La vicenda di Zeret verrà raccontata, per la prima volta, nel saggio intitolato “Lo Sfascio dell’impero. Gli italiani in Etiopia 1936-1941”, di Matteo Dominioni, pubblicato da Laterza, di Bari-Roma, nel 2008. Volume che verrà realizzato ampliando il contributo, sempre dello stesso Dominioni, “Etiopia 11 aprile 1939. La strage segreta di Zeret”, apparso in “Italia contemporanea”, numero 243, del 2006, alle pagine 287-302. Lo storico Dominioni, già allievo di Angelo Del Boca, massimo esperto del colonialismo italico, aveva utilizzato tra le sue fonti anche il diario di Alessandro Boaglio, sergente maggiore del plotone chimico, il militare che materialmente aveva utilizzato i contenitori di gas mostarda, nomignolo affibbiato per via del caratteristico odore di senape e del colore giallo scuro dell’iprite.

La questione dell’impiego dei gas (nella foto, particolare, una delle controverse vignette satiriche su cartolina disegnata da Enrico De Seta, per le Edizioni d’arte Vittorio Emanuele Boeri, sulle armi chimiche adoperate dalle forze fasciste di stanza in Africa) era già stato argomento di grande interesse mediatico, riportato alla ribalta dal giornalista Indro Montanelli in polemica proprio con Del Boca che ne aveva scritto nel suo libro “I gas di Mussolini”, uscito per i tipi di Editori riuniti, di Roma, nel 1996. Complessivamente, tra i passati per la scarica di piombo e i morti asfissiati o comunque per le conseguenze dell’attacco chimico, a Zeret si contavano mille vittime civili. Anche se i numeri erano per approssimazione. Per rendere l’idea della portata dell’evento, quella mattanza tricolore verrà considerata la Marzabotto etiope.