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12 MAGGIO

Oggi, ma nel 1842, a Orbetello, in provincia di Grosseto, veniva aperta dal granduca Leopoldo II la diga detta leopoldiana, situata nell’omonima laguna, in Toscana.

Il progetto di collegamento del centro abitato al monte Argentario, promontorio alto 635 metri sul livello del mare, attraverso una strada, che poi in futuro diverrà anche aperta alle auto, lunga un chilometro e mezzo, che letteralmente passasse sull’acqua, era dell’ultimo sovrano regnante di fatto della casata degli Asburgo-Lorena.

Quest'ultimo si era avvalso della collaborazione tecnica dell’architetto Carlo Reishammer, fiorentino di padre austriaco e madre italiana. Il taglio del nastro verrà eternato dall’ode composta, contestualmente, da padre Geremia Barsottini, religioso originario di Levigliani, frazione di Stazzema, in quel di Lucca, classe 1812, che era giunto da Firenze appositamente per la celebrazione liturgica al seguito del granduca. In quello stesso 12 maggio 1842 il granduca Leopoldo II, fiorentino, del 1797, in carica dal 18 giugno 1824 e lo rimarrà fino al 21 luglio 1859, annunciava anche il desiderio di dar vita, amministrativamente, al comune sparso di Monte Argentario. Realtà che avrà sede municipale e capoluogo nel centro di Porto Santo Stefano rispetto all'unica frazione di Porto Ercole.

La realizzazione della diga leopoldiana (nella foto, particolare, una cartolina storica), basata su un sistema di otto ponti, pensati anche per consentire il flusso e il reflusso dell’acqua marina da una parte all’altra, tra la laguna di levante e quella di ponente, complessivamente per un'ampiezza di 26,22 chilometri quadrati, con profondità massima di due metri e minima di uno, aveva richiesto un anno di lavori. La base aveva sfruttato i resti dell’antico acquedotto etrusco.

La striscia lagunare era delimitata da due tomboli, quello della Feniglia e quello della Giannella, lunghi 6 chilometri l’uno. In comunicazione con il fiume Albegna, tramite il canale di Fibbia, e con il mare Tirreno tramite i canali di Nassa e di Ansedonia.

Dal tratto finale della diga si vedeva il molino spagnolo del 1557, ritenuto uno dei simboli di Orbetello, eretto proprio in mezzo all’acqua per sfruttare le correnti per il funzionamento delle macine, prima che venisse dotato anche di pale eoliche. Il circondario della diga leopoldiana diverrà una delle zone maggiormente suggestive per i turisti dell’intero Belpaese. Per la particolarità dell’ecosistema, inoltre, nel 1971, l’area lagunare diverrà anche zona protetta, poi oasi, sotto l’egida dell’associazione ambientalista WWF.