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15 agosto

15 Agosto 2025

Oggi, ma nel 1863, a Torino, veniva promulgata, a firma del sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II, la legge Pica, dal cognome del promotore, il deputato aquilano Giuseppe Pica, classe 1813, avvocato ed esponente della Destra storica nella VIII legislatura, tecnicamente la legge numero 1409 del 15 agosto 1863 recante “Procedura per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Provincie infette”. Era stata messa a punto durante il primo governo guidato, dal 24 marzo precedente, da Marco Minghetti, il quinto esecutivo dalla nascita del regno avvenuta, il 17 marzo 1861, per tentare di risolvere il problema delle scorribande compiute dai briganti, fenomeno particolarmente sentito soprattutto nel Mezzogiorno.

Veniva emanata in deroga agli articoli 24 e 71 dello Statuto Albertino che garantivano il principio di eguaglianza di tutti i sudditi dinanzi alla legge e assicuravano quello del giudice naturale che metteva al riparo dall'arbitrarietà della designazione del soggetto giudicante e dall'istituzione di tribunali speciali. Il provvedimento introduceva il reato di brigantaggio e assegnava il giudizio sui presunti colpevoli da parte di tribunali militari (nella foto, particolare, dipinto di autore anonimo raffigurante proprio i gendarmi in azione). La Legge Pica verrà abrogata il 31 agosto 1865. La proposta avanzata da Pica era stata firmata dai 41 parlamentari destrorsi ed era stata approvata dalla con soli 33 voti contrari su 207.

Con la legge 7 febbraio 1864 numero 1661 la legge Pica, concepita come misura straordinaria volta a favorire il ripristino dell’ordine pubblico e quindi temporanea, verrà invece prorogata ed estesa anche alla Sicilia, oltre alla già applicazione in Abruzzo Citeriore, Abruzzo Ulteriore II, Basilicata, Benevento, Calabria Citeriore, Calabria Ulteriore II, Capitanata, Molise, Principato Citeriore, Principato Ulteriore e Terra di Lavoro, dove avrà pure l’ingrato compito di combattere la renitenza alla leva. Tra le pene previste dalla Legge Pica vi era, oltre alla fucilazione e alla condanna ai lavori forzati a vita, la nuova destinazione al domicilio coatto. Lo stesso Pica, che aveva pure fatto parte, benché per un solo giorno, del parlamento napoletano e che rivestirà anche il ruolo di senatore del regno d’Italia, si pentirà di aver dato luogo ad un’iniziativa statuale di così feroce repressione.