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15 settembre

15 Settembre 2025

Oggi, ma nel 1948, a Cernobbio, in provincia di Como, nel Grand hotel Villa d’Este, nella serata di gala organizzata dalla stilista milanese Biki, alias Elvira Leonardi Bouyeure, la contessa Maria Pia Caroselli in Bellentani, da Sulmona, di 32 anni, uccideva, con un colpo di pistola indirizzato al cuore, l'ex amante Carlo Sacchi, di 48, commerciante di seta meneghino con fama di sciupafemmine, sposato con la ex ballerina viennese Lilian Willinser e accompagnato oltre che dalla moglie anche dalla nuova fiamma “Mimì” Guidi. Entrerà nella storia della cronaca nera del Belpaese come il delitto dell’ermellino: perché la nobildonna trasformatasi in sicario aveva nascosta la semi-automatica sotto la cappa di pelliccia pregiata prima di premere il grilletto. Davanti a tutti i presenti.

La Caroselli Bellentani, che dopo il gesto estremo inscenava il tentativo di suicidio, ma, verosimilmente, non riusciva nell’intento di autoeliminarsi perché la calibro 7,65 s’inceppava dopo il primo proiettile, veniva arrestata in flagranza di reato (nella foto, particolare, la notizia riportata nell’edizione del 17 settembre di quel 1948 del quotidiano torinese “La Stampa”). Quella sera Sacchi, per l’ennesima volta, l’aveva umiliata pubblicamente etichettandola come “terrona”, in quanto abruzzese. La donna verrà giudicata inizialmente incapace d’intendere e di volere e per tale motivo rinchiusa temporaneamente nel manicomio criminale di Aversa, diretto dallo psichiatra Filippo Saporito. Poi verrà trasferita nella casa di cura giudiziale di Pozzuoli. Sempre in attesa della condanna definitiva.

Quindi la sentenza d’appello, che arriverà il 12 marzo 1952, ribalterà la situazione: definendola solo alterata dall’ira. E comminerà 7 anni e 10 mesi di reclusione. Ma il 23 dicembre 1955 la contessa verrà graziata dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, insediatosi come terzo capo dello Stato l’11 maggio di quel ’55. Tutta la vicenda e l’iter processuale desteranno enorme scalpore a livello non solo nazionale. L’arma del delitto, un esemplare di Fegyverzyar modello 37 fabbricata in Ungheria e impiegata prevalentemente dalle forze armate tedesche nel secondo conflitto mondiale, che apparteneva al marito dell’assassina, l’industriale del settore alimentare Lamberto, verrà conservata come cimelio nel Museo criminologico di Roma. Quello aperto il 19 novembre 1931 per volere del Guardasigilli del regime fascista Alfredo Rocco e chiuso “temporaneamente” dall’1 giugno 2016.

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