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17 MAGGIO

Oggi, ma nel 1973, a Milano, in via Fatebenefratelli, Gianfranco Bertoli, sedicente anarchico, in realtà presunto informatore civile dei servizi segreti, arruolato nell’organizzazione clandestina “Gladio”, lanciava una bomba a mano, di fabbricazione israeliana, nel cortile della Questura, durante la cerimonia d’inaugurazione del busto in onore del commissario di Pubblica sicurezza Luigi Calabresi. Quest’ultimo era stato assassinato, esattamente l’anno prima, il 17 maggio 1972, da Ovidio Bompressi e Edoardo Marino, quali esecutori materiali, e dall’aquilano Giorgio Pietrostefani, con Adriano Sofri, in veste di mandanti, tutti esponenti di “Lotta continua”.

All’evento era presente il ministro dell’Interno Mariano Rumor, del II governo presieduto da Giulio Andreotti, già segretario nazionale della Democrazia cristiana ed ex presidente del Consiglio dei ministri. L’ordigno, che lasciava illeso Rumor, vero obiettivo dell’attacco, esplodeva solo in seconda battuta. Ovvero quando un non meglio precisato esponente delle forze dell’ordine lo calciava verso i presenti, allontanandolo dallo statista, uccidendo 4 persone e ferendone 52 (nella foto, particolare, lo scenario post scoppio).

Le vittime erano: Felicia Bartolozzi, Gabriella Bortolon, Federico Masarin, Giuseppe Panzino. La vicenda avrà un lungo e tortuoso iter processuale, che porterà, nonostante la sola condanna di Bertoli, all’ergastolo, nel 1975, l’1 marzo, ad individuare la strage del 17 maggio 1973 quale piano terroristico ordito dall’organizzazione eversiva di estrema destra “Ordine nuovo”. Grazie al lavoro dei magistrati Tindari Baglione, sostituto procuratore generale della corte di Cassazione, e Laura Bertolé Viale, sostituto procuratore generale di Milano, uscita dal liceo classico Gabriele D’Annunzio di Pescara, insieme al collega Emilio Alessandrini.

Dietro l’attacco meneghino c’era non il solo Bertoli, che cercava di passare per libertario individualista di stampo stirneriano, ma una complessa operazione di vendetta nei confronti di Rumor. Per non aver dichiarato lo stato di emergenza dopo la deflagrazione dell’esplosivo di piazza Fontana, nella Banca nazionale dell’agricoltura, il 12 dicembre 1969, da 17 morti e 88 feriti, ma anche il modo per preparare un ipotetico golpe. Dietro l’attacco al cuore dello Stato si sarebbe celato, presumibilmente, il colonnello Amos Spiazzi di Corte Regia, poi collegato alla Rosa dei Venti, altro sodalizio eversivo di stampo neofascista, che però nel 2005, in Cassazione, sarà assolto per insufficienza di prove. L’intricata trama sarà raccontata da Stefania Limiti nel saggio “L’estate del golpe”, che sarà pubblicato dall’editore milanese Chiare Lettere, nel 2023.