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18 agosto

Oggi, ma nel 1944, a Ca’ Cornio di Modigliana, in provincia di Forlì-Cesena, i fascisti del battaglione M "IX Settembre" della Guardia nazionale repubblicana della Repubblica sociale italiana, di stanza a Castrocaro, sempre in quel di Forlì-Cesena, comandati da Benito Dazzani, insieme ad alcuni soldati tedeschi, accerchiavano e attaccavano il casolare del colono Sante Piani all’interno del quale si erano stabiliti i principali animatori della banda partigiana Corbari, simbolo della lotta resistenziale del circondario, facente parte dell'Ori, l'Organizzazione resistenza italiana.

Nella cascina vi erano Sirio "Silvio" Corbari, di Faenza, classe 1923, fondatore e capo della banda che portava il suo cognome, Iris Versari, Adriano Casadei e Arturo Spazzoli. Corbari e gli altri del suo seguito venivano catturati per la delazione di un ex componente della banda, Gianfranco “Franco” Rossi. La Versari, di Poggio San Benedetto in Alpe, sempre in quel di Forlì-Cesena, del 1922, compagna di Corbari, già feritasi ad una gamba maneggiando un fucile Stern e per questo impossibilitata a scappare correndo, si suicidava per non cadere in mano al nemico.

Corbari era padre di Gian Carlo, avuto nel dicembre 1942, a 19 anni, da Lina Casadio. Spazzoli, di Forlì, del 1923, fratello minore del repubblicano ed antifascista Antonio -detto “Tonino”, aderente al movimento Italia libera di Randolfo Pacciardi e Raffaele Rossetti, che aveva il ruolo chiave di rifornitore di viveri e di denaro della banda Corbari, che verrà freddato il giorno successivo, 19 agosto, anche lui futura medaglia d’oro al valor militare alla memoria-, ferito, veniva preso, non veniva giustiziato subito, ma a Coccolia di Ravenna, durante il trasferimento a bordo del furgone del contadino Piani, da Forlì a Ravenna, dopo aver tentato la fuga. Anche Piani veniva fatto fuori dalle camicie nere, a Passo Monte Trebbio di Modigliana, sull’Appennino Romagnolo. Casadei, di Poviglio, in quel di Reggio Emilia, del 1922, che era l'organizzatore militare della banda, e Corbari, il comandante, restavano feriti nello scontro a fuoco coi militi e venivano catturati nella cascina Piani.

Tradotti a Castrocaro Terme, alle 13, venivano impiccati sotto il portico del centro cittadino, in via Giuseppe Garibaldi. La corda che teneva per il collo Corbari si rompeva e il malcapitato, in segno di sprezzo verso i suoi aguzzini, se la riannodava da solo gridando: «Siete marci anche nella corda. Siamo noi i veri italiani», secondo quanto riportato da Pino Cacucci nel libro Ribelli, pubblicato da Feltrinelli di Milano nel 2013. Poi, nel pomeriggio i cadaveri dei due, uniti a quelli della Versari e di Spazzoli, venivano trasferiti a Forlì e appesi ai lampioni di piazza Aurelio Saffi (nella foto, particolare) e lasciati come monito per la popolazione che favoriva gli antifascisti. Corbari, Versari, Spazzoli e Casadei, che per 11 mesi avevano tenuto in scacco i nazifascisti della zona, il 16 aprile 1976, verranno insigniti della medaglia d'oro al valor militare alla memoria. Di fatto nessuno dei responsabili delle morti dei quattro partigiani verrà assicurato alla giustizia.