18 AGOSTO

Oggi, ma nel 2000, ad Imperia, nel borgo medievale Parasio, nell’abitato di Porto Maurizio, in casa di Agostino Greco, veniva ritrovato il corpo senza vita di Hagere Kilani, di 4 anni e mezzo, figlia di immigrati tunisini. A sequestrare, violentare e uccidere, con 7 coltellate, la bambina era stato, verosimilmente, Vasile Donciu, romeno clandestino, di 20 anni, in Italia da 2, dedito alla prostituzione maschile, ospite di Greco, infermiere di 45 anni, presumibilmente omosessuale, nel suo alloggio.
La piccola Hagere, che nelle commemorazioni verrà soprannominata “Principessa del Parasio”, figlia di Abdelfattah, muratore, e Laila Gasshuma, casalinga, sorella di Sofiane, di 9, Kais, di 6, e Seifiddine, di 20 mesi, faceva parte della piccola, ma unita, comunità tunisina cittadina legata alla moschea islamica di via Santa Lucia. Il giorno dell’omicidio giocava in strada, con la bicicletta, insieme ad un amichetto, figlio di una famiglia di Milano, in vacanza ad Imperia. Erano le 13. L’allarme per la scomparsa veniva lanciato alla Questura, alle 14.30.
La madre Laila aveva, verosimilmente, sentito la figlia gridare. Alle 17, Greco veniva fatto rincasare dal lavoro per aiutare le indagini condotte dalle Forze dell’ordine. Il presunto killer verrà fermato, alla frontiera tra Ungheria e Romania, a Episcopia, il 25 settembre successivo, mentre tentava di rientrare, da irregolare, nel suo Paese d’origine, dopo essere transitato per la Francia. Verrà tradito dal falso nome scelto come generalità da fornire agli agenti, che risulterà uguale a quello di un pregiudicato locale per altri reati. Confesserà di aver agito con Hagere, sotto effetto dell’ecstasy, poiché spinto dal clan di spacciatori albanesi di Sanremo, città nella quale lui si vendeva, per debiti legati alla droga. Processato a Bucarest, poiché la Romania non concederà l’estradizione, verrà condannato a 25 anni di reclusione, il 29 giugno 2001, dal tribunale di Bacau.
Hagere verrà sepolta a Ouled Chamekh, villaggio magrebino di 500 anime, di origine della famiglia Kilani, dove la madre rimarrà a vivere, mentre il padre (nella foto, particolare, con la polo blu e la mano sul petto, a colloquio con i carabinieri) tornerà a Porto Maurizio, aiutato dall’amministrazione municipale. Tutta la vicenda rimarrà comunque avvolta nel mistero, poiché l’ipotesi che il presunto pedofilo abbia agito da solo non reggerà secondo i famigliari della piccola vittima e stando all’opinione pubblica locale. Donciu, il 12 agosto 2002, tenterà il suicidio, ingoiando lamette da barba, nel penitenziario di Bacau.

