19 luglio

Oggi, ma nel 1958, a Silverstone, in Inghilterra, in occasione dell’XI Rac British Grand Prix di automobilismo, settima gara del mondiale di Formula 1, si registrava la doppietta della scuderia Ferrari: sul gradino più alto del podio saliva il britannico Peter Collins e la seconda piazza spettava al connazionale Mike Hawthorn. Entrambi avevano battagliato al volante di due esemplari della 246 F1 di Maranello. Collins (nella foto, particolare, insieme al “Drake”, che apprezzava molto le sue doti di driver, in occasione della Mille miglia, il 12 maggio 1957, nello scatto di Bernard Cahier per l’archivio Getty images), di 27 anni, originario di Kidderminster nel Worchestershire, segnava la sua terza ed ultima vittoria in carriera prima dell’incidente letale che si consumerà nel Gp di Germania del 3 agosto successivo a Bonn, sul Nürburgring.
Quel 19 luglio ’58 copriva i 75 giri del tracciato da 4,710 chilometri, pari a 353,291 complessivamente, in 2 ore 9 minuti 4 secondi mentre il compagno di scuderia chiudeva la prova con 24 secondi di ritardo. Collins era conosciuto nell’ambiente del Circus per aver ceduto la sua monoposto, anche in quel caso una rossa del team col simbolo del cavallino rampante, la Ferrari-Lancia D50, al collega più anziano e maggiormente blasonato, l’argentino Juan Manuel Fangio, nel Gran premio d’Italia, nell’autodromo di Monza, il 2 settembre 1956. Lo aveva fatto in segno di massimo rispetto verso il cinque volte campione del mondo di origine abruzzese classe 1911.
Quella mossa, che di fatto gli aveva sottratto ogni chance di portare a casa la corona d’alloro per la stagione agonistica ’56 della massima divisione motoristica planetaria a quattro ruote in favore di “El Chueco”, aveva fatto conquistare a Collins -che spegnendosi prematuramente non riuscirà ad agguantare nessun trofeo di campione del mondo- l’etichetta di pilota-gentiluomo d’altri tempi. Vieppiù in un contesto, tra rombi sempre più assordanti, diavolerie ingegneristiche crescentemente sopraffine e galoppanti scorrettezze per primeggiare ad ogni costo, nel quale la competitività montava ad ogni tappa del calendario fissato per agguantare il titolo iridato.
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