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19 MAGGIO

Oggi, ma nel 1296, a Fumone, in provincia di Frosinone, moriva, in prigionia, consumato dall’età, dalla reclusione e dalle privazioni affrontate nella sua esistenza ascetica, l’ex pontefice Celestino V. Era stato fatto rinchiudere l’anno prima, 1295, dal suo successore sul soglio di San Pietro, Bonifacio VIII, che era stato eletto, il 24 dicembre 1294, irregolarmente, nella rocca di proprietà della sua casata. Celestino V (nella foto, particolare, le spoglie mortali custodite all’Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, nello scatto di Manuel Romano) era stato catturato a Vieste, nella chiesa di Santa Maria di Merino, mentre era in procinto d’imbarcarsi per la Grecia, il 16 maggio 1295, da Guglielmo Stendardo II, connestabile del regno di Napoli, per ordine congiunto del sovrano Carlo II d’Angiò, lo zoppo, e di Sua santità, Benedetto Caetani appunto.

Elevato Papa, da non porporato, il 5 luglio 1294, a 86 anni, nel conclave di Perugia, iniziato il 18 ottobre 1293 e protrattosi per 27 mesi, il molisano Pietro Angelerio da Morrone, aveva abdicato il 13 dicembre successivo. Il dantesco “gran rifiuto” si era consumato dopo 161 giorni da massimo esponente della Chiesa cattolica di Roma: poiché contrariato dalle sordide manovre politiche consumate alle sue spalle. Nel 1287 era stato l’artefice della edificazione della basilica simbolo di Santa Maria di Collemaggio all’Aquila, dove era stato incoronato il 29 agosto 1294. Il 29 settembre di quel 1294, con la Bolla del perdono, “Inter sanctorum solemnia”, aveva istituito la prima indulgenza plenaria nella storia vaticana, antesignana del Giubileo ordinario di Bonifacio VIII del 1300. Nel 1239 il futuro Celestino V si era ritirato in preghiera nell’eremo di Sant’Onofrio al Morrone, nella frazione Badia, sopra Sulmona. Poi si era spostato, nel 1241, nella grotta limitrofa alla chiesetta di Santa Maria di Segezzano, sulla quale poi sorgerà l’abbazia di Santo Spirito al Morrone, sempre nella frazione sulmonese di Badia.

Nel 1246, preceduto dalla fama di venerabile taumaturgo, si era trasferito a Santo Spirito a Majella, a Roccamorice. Quindi il pellegrinaggio alla ricerca della solitudine era continuato albergando nell’eremo di San Bartolomeo in Legio, sempre a Roccamorice, e in quello di San Giovanni sull’Orfento, a Caramanico Terme, ritenuto il più inospitale dei rifugi celstiniani. Verrà canonizzato il 5 maggio 1313, da Papa Clemente V, come San Pietro Celestino.