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2 Settembre

Oggi, ma nel 1970, ad Atene, davanti all'ambasciata Usa, Maria Elena Angeloni (nella foto) moriva dilaniata dalla carica esplosiva posta in un Maggiolino Volkswagen azzurro con targa svedese, nella fase preparatoria di un attentato alla sede diplomatica americana. Con lei rimaneva ucciso anche il cipriota Giorgos Tsikouris. La Angeloni, 31, separata dal marito Veniero, madre di Federico di 9 anni, impiegata alla Mondadori di Milano, iscritta al Partito comunista italiano, residente in Corso Italia, aveva lasciato la sua vita "tranquilla" per dedicarsi alla causa della resistenza greca contro la dittatura militare dei colonnelli. Ufficialmente l'atto terroristico contro la residenza a stelle e strisce, fulcro dello Stato ritenuto il principale responsabile del regime presente in Grecia, era organizzato dalla squadra ateniese Aris, aderente al Pam, il Fronte patriottico greco di liberazione. E la Angeloni verrà considerata a pieno titolo come eroina della resistenza greca, con tanto di delegazione ellenica presente al funerale milanese. In realtà, come emergerà dalla pagina 135 degli atti della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro e la morte dell'onorevole Aldo Moro, una seconda versione dei fatti prevederà un ipotetico coinvolgimento nell'azione dinamitarda costato la vita alla Angeloni del Superclan. La struttura clandestina capeggiata da Corrado Simioni in antagonismo alle Brigate rosse. Addirittura la Angeloni sarebbe stata scelta da Simioni, in alternativa alla brigatista Mara Cagol, dopo il diniego di Renato Curcio, uno dei capi e fondatori delle Br. La tragica vicenda della Angeloni, finita nel dimenticatoio, tornerà a occupare l'attenzione mediatica nel 2001 in quanto zia (per via dell'ex marito) di Carlo Giuliani, il manifestante "con l'estintore in mano", ucciso dal carabiniere ausiliario Mario Placanica, il 20 luglio 2001, a Genova, in occasione delle proteste contro la riunione del G8.

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