21 novembre

Oggi, ma nel 1916, a Vienna, nel Castello di Schönbrunn, tra le cannonate del primo conflitto mondiale, la polmonite contratta passeggiando col re bavarese Ludovico III del ramo Wittelsbach spegneva Francesco Giuseppe d’Asburgo Lorena, penultimo imperatore d’Austria-Ungheria, ad 86 anni, 68 dei quali trascorsi sul trono, che era già minato nel suo polmone destro dall’inverno 1908. "Cecco Beppe", il principale e rispettatissimo avversario del Belpaese, dall'inconfondibile barba col mento rasato, era riuscito a sopravvivere a tutto tranne all'ineluttabile trapasso. Era uscito indenne dall’attentato dell’operaio magiaro János Libényi, del 18 febbraio 1853, nel punto della capitale asburgica nel quale verrà edificata la Votivkirche; aveva resistito al tramonto dell’Ottocento, l’epoca della Triplice alleanza, siglata il 20 maggio 1882, e della saga familiare dei von Trotta, che sarà magistralmente raccontata dalla penna di Joseph Roth nel capolavoro della letteratura mitteleuropea, del 1938, “La cripta dei cappuccini”, ideale prosieguo de “La marcia di Radetzky”, del 1936, epoca alla quale si sentiva appartenere più che agli albori del Novecento; aveva retto alla batosta rimediata dai francesi di Napoleone III, il 24 giugno 1859, nell'iconica pugna di Solferino, nel contesto della seconda guerra d’indipendenza italiana; s'era lasciato alle spalle l'impietosa fucilazione per tradimento da parte dei repubblicani del fratello, l’arciduca Massimiliano, titolare della corona imperiale del Messico, eseguita il 19 giugno 1867 a Santiago de Querétaro, tragedia eternata dal talentuoso pennello pre-impressionista del transalpino Édouard Manet; aveva tenuto botta alla schiacciante sconfitta di Sadowa, del 3 luglio 1866, inflittagli dalla Prussia; era passato attraverso la mefitica vicenda di Mayerling, del 30 gennaio 1889, col controverso duplice delitto del figlio, il principe ereditario Rodolfo, e dell’amante, la diciassettenne baronessa Maria Vetsera; era riuscito a resistere al sopraggiungere della monarchia duale, con la pomposa cerimonia nella chiesa di Mattia a Buda dell’8 giugno 1867, impreziosita dalla musica del compositore ungherese Franz Liszt; aveva soprasseduto al crudele omicidio della bellissima moglie, l’adorata ed ingombrante Elisabetta “Sissi” di Baviera, colpita letalmente al cuore dalla lima dell’anarchico tricolore di Albareto Luigi Lucheni, sul lungolago di Ginevra, il 10 settembre 1898; aveva scavalcato le fatali rivoltellate dell’irredentista Gavrilo Princip a Sarajevo che, il 28 giugno 1914, oltre a fornire il pretesto per l’invio dell’ultimatum alla Serbia che aveva scatenato il "casus belli" aveva tolto dalla linea di sangue il nipote, l’arciduca Franz Ferdinand, designato a succedergli. Lui (nella foto, particolare, sul letto mortuario, prima della fase di imbalsamazione che andrà male e rovinerà l’estetica del cadavere a tal punto da non poter essere esposto nella Hofburg, la residenza centrale, dall’immagine scattata, proprio quel 21 novembre, da Rudolf Lechner e Wilhelm Müller e conservata nella viennese Österreichische Nationalbibliothek, la Biblioteca nazionale), che più dell'odiato amico Vittorio Emanuele III aveva davvero governato secondo l’antica formula regia “per grazia di Dio e per volontà della nazione” e non il contrario. Contestualmente, quello stesso 21 novembre, prendeva il suo posto il nipote Carlo I -che il 3 ottobre 2004, in San Pietro, sarà beatificato da Papa Giovanni Paolo II- che rimarrà al potere solo due anni, ovvero fino al 12 novembre 1918, quando ci sarà l'epocale crollo della potenza dell’Aquila bicipite.

