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25 agosto

24 Agosto 2025

Oggi, ma nel 1915, al Col Basson del Passo Vezzena, nel comprensorio comunale di Levico Terme, in provincia di Trento, nel contesto d’esordio della grande guerra, la 34ª divisione fanteria del regio esercito italiano, comandata dal generale degli Alpini Pasquale Oro, che aveva il compito di mantenere la difesa dell’Altipiano di Asiago, perdeva 1486 armati. Che saranno sepolti in quattro fosse comuni nell'iconico cimitero militare del Dosso di Costalta, a 1550 metri di quota, nel territorio municipale di Luserna. In realtà il bollettino del 115° reggimento fanteria riporterà 43 ufficiali e 1048 soldati morti. Più 453 feriti e 560 dispersi. I caduti perivano, anche a causa del largo impiego di ordigni al gas letale, specialmente cloro, vietati dalle convenzioni internazionali, oltre al massiccio uso di granate a grappoli ritenute fuorilegge. Soccombevano combattendo contro le truppe austro-ungariche, in particolare della 180ª brigata fanteria, coadiuvata da formazioni di Standschützen e dal battaglione volontari dell’Alta Austria. Forze agli ordini del colonnello del Genio Otto Ellison von Nidlef, neo capo del settore Lavarone e già alla testa fino alla fine del luglio precedente della piazzaforte asburgica di Riva del Garda. Formazioni che avevano su quella linea difensiva il Forte Luserna, il Forte Verle e il Forte dello spitz di Levico. Punti dai quali proveniva il fuoco di sbarramento micidiale per le truppe del Belpaese. Il sacrificio (nella foto, particolare, una parte dei malcapitati ammassati sul teatro dello scontro nell’immagine a corredo delle memorie di Matthias Ortner, cappellano militare dei già menzionati Standschützen) servirà per consentire alle forze tricolori, il 15 maggio 1916, in risposta alla Strafexpedition nemica, di segnare lo demarcazione tra i torrenti Agno e Posina e poi, in seconda battuta, anche di occupare il monte Pasubio: segnando così uno snodo nevralgico nel conflitto. L’azione vincente frutterà a Ellison von Nidlef, all’inizio del 1917, il conferimento della croce di cavaliere dell’ordine di Maria Theresia, la massima onorificenza militare concessa ai rappresentanti delle forze di terra. Ma quell’assalto segnava pure la resa con onore del colonnello delle penne nere Mario Riveri che era rimasto ferito ben due volte sul tappeto di cadaveri.