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25 luglio

24 Luglio 2025

Oggi, ma nel 1956, a 80 chilometri dall’isola di Nantucket, nel Massachusetts, il rompighiaccio battente bandiera svedese Stockholm, comandato da Gunnar Nordenson, salpato da New York e diretto a Goteborg, verosimilmente a causa della nebbia speronava la turbonave Andrea Doria, della blasonata compagnia Italia società di navigazione, proveniente da Genova e diretta pure a Ny, agli ordini di Piero Calamai, che affonderà il giorno successivo, 26 luglio, causando 52 vittime. Con 46 dei malcapitati che perivano direttamente nell’impatto. Per la precisione il controverso scontro -che destava enorme scalpore a livello internazionale, alimenterà polemiche, sia tecniche che politiche, e farà scaturire ipotesi tra le più svariate per decenni- avveniva con un angolo di 90 gradi ed era caratterizzato dal colpo della prua rinforzata della Stockholm, data dalla sua specifica funzione, contro la murata dell’Andrea Doria che veniva squarciata per tutta la lunghezza. Il fatidico contatto avveniva nel punto di coordinate 40°30’N 69°53’W. Lo sfondamento di molte paratie stagne dell’Andrea Doria e la rottura di cinque depositi di combustibile causava l'imbarco di 500 tonnellate d’acqua salata il cui peso, non potendo essere controbilanciato, determinava l’inclinamento a dritta di 15 gradi. Lo snodo cruciale dei soccorsi era l’arrivo del transatlantico francese Ille de France, illuminato a giorno, dotato di undici lance di salvataggio, che contribuirà anche a smorzare il panico. Ciò nonostante l’apporto di due mercantili, il Cape Ann e il Thomas, e il contributo dello stesso Stockholm, che non rischiava d’affondare benché fosse uscito sventrato dallo scontro, accoglieva subito a bordo 542 naufraghi. Verosimilmente la ragione principale di quella che verrà considerata come una delle più significative tragedie marittime del Belpaese (nella foto, particolare, la fase antecedente l’inabissamento dell’Andrea Doria) era data dalla inesperienza del terzo ufficiale della Stockholm, ossia Johan-Ernst Carstens-Johannsen, di 26 anni. Quest’ultimo, infatti, era l’unico fisicamente presente sul ponte di comando nel momento cruciale. Secondo gli addetti ai lavori che studieranno il caso nei minimi dettagli il giovane avrebbe mal interpretato i tracciati radar e con buona probabilità anche sovrastimato la distanza intercorrente tra i due natanti. Errori commessi anche per via della non giusta regolazione del radar.