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26 NOVEMBRE

Oggi, ma nel 2014, a Parigi, l’Unesco inseriva la secolare pratica agricola impiegata sull’isola siciliana di Pantelleria, per coltivare la vite “ad alberello” dalla quale si otteneva il tipico vino dolce Zibibbo, nella lista dei tesori immateriali da tutelare. Era la prima tecnica agricola al mondo ad ottenere il prestigioso riconoscimento da parte dell’Organizzazione delle Nazioni unite per l’educazione, la scienza e la cultura.

A sottolineare l’orgoglio tricolore per l’ambito risultato ottenuto, era il ministro delle Politiche agricole del Belpaese Maurizio Martina, durante la trasmissione televisiva serale “Porta a Porta”, in onda su Rai1, condotta dal giornalista Bruno Vespa, originario dell’Aquila. L’uva raccolta con tale specifica tecnica (nella foto, particolare, una veduta insulare con i tipici alberelli di Zibibbo), con resa all’incirca di 10 quintali per ettaro, caratterizzava la produzione dei vini di origine controllata Moscato di Pantelleria, Passito di Pantelleria, Pantelleria Zibibbo dolce, Erice vendemmia tardiva Zibibbo. La parola “Zibibbo”, derivava dall’arabo “Zabīb”, che significava “uvetta”, ovvero “uva passita”.

A Pantelleria era stata introdotta dai fenici come Moscato di Alessandria, quest’ultimo originario dell’Egitto. Gli arabi, invece, avevano introdotto il sistema del terrazzamento, adatto all’olografia del territorio. Per ottenere il tenore zuccherino elevato, necessario alla produzione dello Zibibbo liquoroso, senza aggiunta di alcool etilico, i grappoli venivano raccolti dopo una sovra maturazione e prima della fase della pigiatura venivano stesi ad asciugare su arcaiche grate di legno. Anche se buona parte della coltivazione avveniva a Pantelleria, nella zona tra Erice e Mazara del Vallo, lo Zibibbo veniva fatto crescere con la tecnica, più moderna, detta “cordone speronato”. Il dossier di candidatura presentato all’Unesco aveva richiesto 4 anni di lavoro ed era stato preparato da Luigi Petrillo. Riceveva il voto favorevole di 161 Stati.