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27 agosto

27 Agosto 2025

Oggi, ma nel 1996, a Catania, nel cimitero cittadino, sulla tomba del marito Santa Puglisi, di 22 anni, figlia del boss Antonino Puglisi, ritenuta affiliata alla cosca malavitosa “De Savasta”, dal nome dell’autoritaria nonna paterna, vedova di Matteo Romeo, fatto fuori il 23 novembre scorso sempre in un regolamento di conti per il controllo del territorio, veniva uccisa, verosimilmente dal collaboratore di giustizia Giuseppe Ferone, detto “Camisedda”, già affiliato alla famiglia di Benedetto “Nitto” Santapaola e pentito dal marzo ‘95, per vendetta.

La vittima era a portare fiori al suo defunto coniuge e veniva freddata insieme al nipote, di 13 anni, Salvatore Botta, rincorso dal sicario tra le cappelle funerarie e soppresso quale testimone scomodo dell’abbattimento della zia, che stava facendosi largo nella propria casata, emblematicamente lasciata cadavere sulla lapide di famiglia (nella foto, particolare, la notizia riportata sul quotidiano torinese “La Stampa” del 29 agosto, nel pezzo a firma di Carmen Greco). Il ragazzo già lavorava come garzone in un furgoncino che vendeva hamburger e hot dog in piazza Europa.

Il sicario risparmiava, invece, l’altra giovane, di 11 anni, che era al seguito nella visita al camposanto. Anche nella cittadina siciliana abituata alla convivenza con i mafiosi e ai correlati ammazzamenti, più o meno trasversali, per lo più alimentati dalle faide tra clan malavitosi avversi, l’episodio destava enorme scalpore. E il duplice omicidio era ritenuto particolarmente feroce nella modalità di esecuzione e nel luogo scelto per la mattanza.