28 maggio

Oggi, ma nel 1984, a Roma, si spegneva, a 74 anni, l’attaccante d’origine paraguaiana Attila Sallustro, soprannominato “Il primo re di Napoli”, per via della militanza nella compagine calcistica partenopea per undici stagioni consecutive, dal 1926 al 1937. Prima di passare alla Salernitana, dal 1937 al 1939, anno del ritiro dall’agonismo giocato. Le esperienze da allenatore erano state solo parentesi: a Salerno nel ’39 e del club napoletano nel ‘61. In quest’ultimo caso subentrando ad Amedeo Amadei nelle ultime due gare di campionato. Dal 1961 al 1981 aveva avuto il ventennale incarico di direttore dello stadio “San Paolo” del capoluogo campano.
Senza troppi giri di parole era stato il primo vero divo del pallone, anticipando l’argentino Diego Armando Maradona, e rimarrà icona anche politica (nella foto, particolare, la locandina in favore dell’indipendenza del Paraguay dalla Spagna in occasione del 209 anni, il 15 maggio 2020). Classe 1908, fino al 1932 aveva anche giocato gratis perché il padre, Gaetano, reputava disdicevole che il figlio accettasse soldi per praticare sport. Stesso discorso era valso per il fratello Oreste, di tre anni più giovane, centrocampista, ugualmente nato ad Asuncion, pure lui nel Napoli, dal 1929 al 1933 e dal 1934 al 1936.
Anche prima di approdare in maglia celeste Sallustro I, come era chiamato dagli addetti ai lavori per differenziarlo dal germano Sallustro II, aveva calciato i campi all’ombra del Vesuvio, infatti aveva fatto parte delle giovanili dell’Internazionale Napoli, dal 1920 al 1922, e dell’Internaples, dal 1922 al 1925. In quest’ultima squadra aveva anche debuttato nella serie cosiddetta adulta, tra il 1925 e il 1926. Tra il 1929 e il 1932 aveva indossato due volte anche la divisa della nazionale italiana maggiore.
Le due occasioni erano state: l’1 dicembre 1929, a Milano, nell’amichevole contro il Portogallo, quando aveva debuttato nella rappresentativa del Belpaese siglando la quinta rete del trionfo 6-1; il 14 febbraio 1932, nella sfida di Coppa internazionale contro la Svizzera, disputata a Napoli, terminata con la vittoria 3-0. L’altro fratello Oberdan, del 1915, direttore generale della Fiat in Argentina, era stato rapito e giustiziato a Buenos Aires il 21 marzo 1972 da esponenti dell’Ejército revolucionario del pueblo.