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30 novembre

Oggi, ma nel 1947, a Milano, veniva pubblicato sul quotidiano comunista l'Unità, nell'edizione meneghina, il pezzo intitolato "Profughi", sul cosiddetto treno della vergogna, scritto dal vicesindaco del capoluogo lombardo, targato Pci.

Si trattava di un articolo destinato a suscitare scalpore e, soprattutto, interpretazioni contrastanti tra favorevoli e contrari al giorno del ricordo, perché inteso come scontro tra comunisti contro colleghi di fede politica. Il tema del contendere verteva sul convoglio su rotaie che avrebbe trasportato gli esuli istriani, fuggiti dalla nuova terra occupata dalle truppe di Tito.

Erano poveracci che salperanno da Pola, il 16 febbraio 1946, partiranno da Ancona il 17, giungeranno alla stazione ferroviaria di Bologna il 18. L'articolo era firmato dal partigiano emiliano di Borgo Val di Taro, in quel di Parma, Piero Montagnani, e riportava: «Oggi ancora si parla di profughi. Altre le persone, altri i termini del dramma. Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città, non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall’alito di libertà che precedeva o coincideva con l’avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i seviziatori ed i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e che vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza politica e comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi. Nel novero di questi indesiderabili, debbono essere collocati anche coloro che sfuggono al giusto castigo della giustizia popolare jugoslava e che si presentano qui da noi, in veste di vittime, essi che furono carnefici. Non possiamo coprire col manto della solidarietà coloro che hanno vessato e torturato, coloro che con l'odio e l’assassinio hanno scavato un solco profondo fra due popoli. Ma dalle città italiane ancora in discussione, non giungono a noi soltanto i criminali, che non vogliono pagare il fio dei delitti commessi, arrivano a migliaia e migliaia italiani onesti, veri fratelli nostri e la loro tragedia ci commuove e ci fa riflettere».

Nella città delle due torri l'accoglienza verso i profughi non sarà delle migliori (nella foto, l'arrivo del treno), tanto da essere costretti, per evitare il blocco dello snodo ferroviario fondamentale per il traffico nazionale tra nord e sud, a ripartire per Padova, dove verranno rifocillati dalla Croce rossa italiana e dalla Pontificia opera di assistenza, prima di essere fatti ripartire verso La Spezia, destinazione finale del triste viaggio. Montagnani aggiungeva nel pezzo anche che tra i profughi vi fossero pure «migliaia e migliaia di italiani onesti», ma negava le responsabilità jugoslave nelle partenze dei profughi, sottolineando che l'esodo fosse stato «artificiosamente sollecitato con spauracchi inconsistenti e con promesse inattuabili».

In sostanza, non potendo negare il carattere di massa dell'esodo, ne veniva attribuita la causa alla propaganda anti-jugoslava dei settori reazionari italiani. Veniva poi attaccato il governo del Belpaese accusandolo di non aver voluto dialogare col maresciallo Josip Broz.