4 gennaio

3 Gennaio 2022

Oggi, ma nel 1879, a Roma, sulle pagine de “La civiltà cattolica”, veniva pubblicato l’articolo del gesuita Antonio Bresciani Borsa, perito nel 1862, che dava conto, per la prima volta, della dubbia morte dell’occultista Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro. Che era avvenuta alla Rocca di San Leo, in provincia di Rimini, presumibilmente il 26 agosto 1795.

Dalle pagine della più datata rivista della Compagnia di Gesù, fondata il 6 aprile 1850, scaturiva il giallo storico destinato a destare interesse sempre crescente. Cagliostro (nella foto, particolare del dipinto, del francese Pierre Alexandre Wille, olio su tela, di 72.5 x 58 centimetri, del 1785, nel quale Cagliostro, nel suo gabinetto alchemico creava in alambicco un “omuncolo”) era rinchiuso nella fortezza dal 20 aprile 1791. Ed era stato calato nella cella detta “del pozzetto” dall’11 settembre di quell’anno, dopo essere stato condannato dal Sant’uffizio, il 7 agosto 1791. Era stato ritenuto reo di eresia, di esercizio dell'attività di massone, di pratica della magia, di bestemmie contro le figure e i culti della religione cattolica, di sfruttamento della prostituzione della propria moglie, Lorenza Serafina Feliciani, e non solo, di falso, di truffa, di calunnia e di pubblicazione di scritti reputati immorali e diretti a fomentare la rivolta contro i poteri precostituiti dello Stato e della Chiesa. Il 23 agosto 1795 aveva avuto il colpo apoplettico che lo aveva inebetito e che tre giorni dopo lo aveva portato al presunto decesso. Quindi era stato sepolto, senza cassa, nella nuda terra, con un fazzoletto sul volto e un sasso sotto la testa, da infedele scomunicato, senza alcun suffragio religioso.

La questione legata alla incongruità sulla data della scomparsa, alla finta conversione, alle cause della dipartita. Aspetti che celavano, verosimilmente, il tentativo del grande alchimista palermitano, classe 1743, di fuggire dalla prigionia sostituendo, mediante il rituale della morte apparente, al quale si era sapientemente allenato, il suo corpo con quello del detenuto comune Michele Rinaldi, di 89 anni, spentosi il 26 agosto 1795. Era controversa persino la sua reale identità, secondo alcuni studiosi l’accostamento tra Balsamo e Cagliostro sarebbe stato un espediente escogitato dalla Santa inquisizione.

Si appurerà che il nobiluomo portoghese Alessandro Cagliostro tra l’altro padre del motto “Liberté, fraternité, egalité” che sarà adottato dalla Rivoluzione francese, nulla avesse a che fare con il truffatore siciliano. Di fatto Cagliostro era scampato alla pena capitale perché la Santa sede non aveva voluto fare di lui un martire massone, di rito egizio, vittima della severità papalina. Contro Cagliostro, sedicente guaritore, si erano accaniti Papa Clemente XIV prima e poi il suo successore Pio VI. Così quello che verrà considerato il più grande mago e nel contempo il più sommo ciarlatano italiano di tutti i tempi, un emblematico illuminato o un impostore, aveva escogitato la sua finta dipartita terrena: per beffare il Vaticano che aveva osato seppellirlo vivo in un buco buio e umido scavato nella roccia che diverrà meta di pellegrinaggi.