5 settembre

Oggi, ma nel 1995, a Genova, in vico Indoratori, nel locale al piano terra, ex magazzino adibito ad alcova, Luigia Borrelli, di 42 anni, originaria di Iglesias, in Sardegna, prostituta col nome di “Antonella” che si spacciava per assistente per l’anziana Adriana Fravega, ex lucciola nonché proprietaria del “basso” in quel carrugio, veniva uccisa, presumibilmente dal carrozziere Fortunato Verducci, con un colpo di trapano elettrico assestato in gola dopo essere stata tramortita a sgabellate (nella foto, particolare, la notizia data dall’edizione genovese del quotidiano torinese “La Stampa”, del 7 settembre di quel 1995, a firma Paola Cavallero).
Per le modalità verrà considerato particolarmente efferato e desterà scalpore a livello nazionale. Luigia era vedova e aveva due figli, Roberto Andreini, di 22, e Francesca Andreini, di 19, entrambi in attesa di prima occupazione, con i quali viveva in via Monticelli, nel quartiere Marassi, ignari della reale attività lavorativa svolta dalla madre. Prima di passare a quella realtà a luci rosse aveva realmente lavorato come infermiera, nell’ospedale San Martino del capoluogo ligure. Poi il marito Arnaldo Andreini era stato fulminato da infarto, nel febbraio 1992, e l’aveva lasciata sommersa dal debito contratto con gli strozzini per tentare di aprire un bar.
Impegno da 250 milioni di lire da saldare che lei ignorava. Il fatto di sangue porterà, il 14 settembre successivo, al suicidio di Ottavio Salis, elettricista sardo di 52, proprietario dell’attrezzo da lavoro utilizzato per freddare la squillo, che si lancerà nel vuoto dalla sopraelevata di fronte alla Lanterna prima di poter essere pienamente scagionato dalle accuse. Il 25 marzo 1996, la Fravega, nella sua abitazione, si toglierà la vita mediante assunzione smodata di barbiturici. Il 14 novembre 2014 si eliminerà, lasciandosi cadere dal Ponte monumentale, il già menzionato Roberto Andreini, che era stato per molto tempo in cura per problemi psichici.
Il 9 settembre 2024, quando avrà 65 anni, Verducci, dipendente di una officina della zona di Staglieno, verrà identificato quale potenziale esecutore materiale dell’omicidio, ma non finirà in carcere. Verosimilmente il gesto estremo era stato messo a segno più da pressioni degli usurai che dal tentativo di rapinare la malcapitata che guadagnava sui 500 mila lire al giorno.