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6 luglio

Oggi, ma nel 1944, ad Arezzo, alle 18, si verificava quello che passerà alla storia come “eccidio di Mulinaccio”, da 15 vittime, dal nome del casolare abitato dalle famiglie Roggi, Bianchi, Martini, più sfollati dei nuclei famigliari Chimenti, Pelini, Vestrucci e Romanelli. I morti erano tutti maschi, colpiti con raffiche di mitraglia alle gambe e al torace.

I malcapitati erano: Angiolo Roggi, del 1881; Donato Roggi, del 1907; Nello Roggi, del 1913; Ferdinando Roggi, del 1923; Umberto Roggi, del 1925; Bruno Roggi, del 1927; Angelo Vestrucci, del 1903; Primo Vestrucci, del 1927; Domenico Chimenti, del 1905; Fernando Chimenti, del 1906; Domenico Martini, del 1911; Pasquale Martini, del 1913; Ilio Pelini, del 1919; Goffredo Romanelli, del 1909; Angelo Bianchi, del 1906. Sul luogo della mattanza verrà eretto dall’amministrazione municipale il cippo commemorativo (nella foto, particolare, la targa di corredo al monumento).

Tutta la vicenda verrà raccontata, anche grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, in particolare di Emilio Martini, quindicenne quel giorno, nelle 140 pagine del volume di Tiziana Nocentini, intitolato “Il Mulinaccio, una strage dimenticata, 6 luglio 1944”, che verrà pubblicato dall’editore Pacini, di Pisa, nel 2012. In quel periodo le forze germaniche avevano piazzato una batteria antiaerea nella zona della sciagura. Quei militari con la croce uncinata si recavano spesso al Mulinaccio per chiedere viveri forzatamente. Il giorno della carneficina, erano presenti nel grande edificio 80 persone. I civili radunati venivano scambiati per partigiani che rifiutavano di cedere la riserva di patate. L’esecuzione avveniva lungo il sentiero che conduceva al torrente Castro e si verificava 10 giorni prima della liberazione di Arezzo, che avverrà il 16 luglio successivo, da parte del nucleo resistenziale della XXIII brigata garibaldina “Pio Borri”.