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7 ottobre

7 Ottobre 2025

Oggi, ma nel 1986, a Palermo, in via Giovanni Fattori, nel rione San Lorenzo, alle 20.40, un sicario mafioso uccideva su commissione e per vendetta trasversale, con un colpo di pistola calibro 7.65 esploso in mezzo agli occhi da distanza ravvicinata, Claudio Domino, di 11 anni, scolaro di prima media. Rimarrà un caso senza responsabili assicurati alla giustizia. Il killer, giunto a bordo di una moto Kawasaki, aveva l’identità coperta dal casco integrale. Il giorno dopo la città guidata dal sindaco Leoluca Orlando insorgerà per protesta contro i malavitosi giunti a scaricare piombo persino contro un bambino pur di assecondare i loro disegni criminali (nella foto, particolare, la notizia riportata sulla prima pagina del quotidiano torinese “La Stampa”, del 10 ottobre di quel 1986, a firma Antonio Ravidà). Il padre della vittima, Antonio Domino, di 36 anni, dipendente della Sip, si trovava a 150 metri di distanza sulla stessa via a parlare con altre persone. Claudio, che aveva due fratelli, Giuseppe di 14 e Laura di 2, era andato, su richiesta della madre Graziella, di 35, dal fornaio limitrofo a prendere il pane per la cena. Era insieme a due coetanei, Giuseppe Minasola e Mario Vinci. La corsa verso l’ospedale di Villa Sofia sarà inutile. I genitori erano titolari della cartoleria sulla stessa via, ma anche dell’impresa di pulizie “La splendente” che il 18 luglio, con il ribasso del 50 per cento, aveva vinto l’appalto per svolgere il servizio nell’aula bunker attigua al carcere dell’Ucciardone, nel capoluogo siciliano, proprio durante il maxiprocesso contro Cosa nostra, iniziato il 10 febbraio precedente. Le ipotesi sul mandante e sul movente dell’omicidio saranno diverse. Il potenziale coinvolgimento di Salvatore Graffagnino, di 20, figlio del titolare del bar "Sole" davanti al quale avveniva il delitto del piccolo Claudio e attiguo alla cartoleria dei Domino che s’era invaghito di Graziella. Eventuali favori che Antonio Domino avrebbe rifiutato ai padrini, come inserire qualche picciotto tra i 13 addetti della ditta di pulizie in modo da poter agire in quel delicato iter giudiziario. Forse l’essersi, sempre Antonio, opposto al racket delle estorsioni non pagando la protezione per le sue intraprese commerciali: tra l’altro nella notte dell’1 giugno 1987 la cartoleria verrà incendiata. La casualità che Claudio avesse assistito ad un traffico di droga che aveva portato alla mattanza, il 25 agosto precedente, di Paolo Salerno, di 26, e di Sergio Di Fiore, di 25, proprio in quella zona.