9 novembre

Oggi, ma nel 1846, a Roma, Pio IX, l’ultimo Papa-re, elevato al soglio pontificio il 16 giugno precedente, con l’enciclica “Qui pluribus”, la sua prima, oltre ad esporre il programma del proprio mandato quale 255° successore di San Pietro si scagliava ferocemente contro il comunismo: ritenuto nocivo non solo per la religione cattolica, ma più ampiamente per la società. Giovanni Maria Mastai-Ferretti da Senigallia, destinato a regnare per 31 anni e 236 giorni, sottolineava come la «nefanda dottrina» comunista fosse «massimamente avversa allo stesso diritto naturale; una volta che essa sia ammessa, i diritti di tutti, le cose, le proprietà, anzi la stessa società umana si sconvolgerebbero dal fondo.
A questo aspirano le tenebrose insidie di coloro che, in vesti di agnelli, ma con animo di lupi, s’insinuano con mentite apparenze di più pura pietà e di più severa virtù e disciplina: dolcemente sorprendono, mollemente stringono, occultamente uccidono; distolgono gli uomini dalla osservanza di ogni religione, e fanno scempio del gregge del Signore». Data la turbolenza rivoluzionaria che attraverserà l'Europa rincarerà la dose anticomunista l'8 dicembre 1849: con l'enciclica "Nostis et Nobiscum", la sua sesta di quarantuno, vergata a Portici.
Nel contempo il Santo Padre, che sarà proclamato beato, il 3 settembre 2000, dal successore polacco Giovanni Paolo II, con "Qui pluribus" condannava nettamente anche l’indifferentismo - derivazione del razionalismo e dello scientismo secondo la quale si poteva conseguire l’eterna salvezza grazie a qualsiasi tipologia di professione di fede solo adottando costumi di vita corretti e onesti - per il suo forte potere di minare le fondamenta stesse del credo cattolico.
Non mancava, infine, la severa critica nei confronti delle libertà di stampa, di coscienza e di pensiero in grado di far vacillare le basi della Chiesa cristiana. Il percorso di Pio IX (nella foto, particolare, nel 1870 insieme al longevo segretario di Stato Giacomo Antonelli da Sonnino, indicato dalla freccia bianca, uno degli ultimi a ricoprire il singolare ruolo di cardinale laico, ovvero senza essere ordinato sacerdote, dall’11 giugno 1847 al 6 novembre 1876, prima dell’abolizione di quella singolare figura da parte di Benedetto XV, al secolo Giacomo della Chiesa da Genova, con l’adozione del Codice di diritto canonico, il 29 maggio 1917 con la bolla “Providentissima Mater”, che entrerà in vigore il 19 maggio 1918) sarà poi particolarmente connotato politicamente, soprattutto in due frangenti.
Il primo, l’abbandono della Città eterna, il 24 novembre 1848, con destinazione Gaeta, dopo lo scoppio della rivoluzione che porterà, il all’instaurazione dell’effimera Repubblica, che resisterà dal 9 febbraio al 4 luglio 1849, e sarà diretta dal triumvirato composto da Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Carlo Armellini. Il secondo, la contrapposizione al sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II nella sua opera di risoluzione della Questione romana con la breccia di Porta Pia, del 20 settembre 1870, nel contesto postunitario.
