I panni sporchi si lavano su Facebook

C’era una volta l’amore, quello che non è bello se non è litigarello. Si discuteva per una qualche sciocchezza, volavano parole, poi parolacce, poi magari anche qualche piatto che finiva in mille pezzi in terra. Quando non c'era più voce per urlare, restava l'angoletto per rimuginare. E smaltire la rabbia. Soli. In privato.

Poteva anche capitare che "basta, ti lascio", parole lanciate a decibel impossibili. Bordate, solite scuse. “Ti lascio perché ti amo troppo”, “non mi capisci”, “mi soffochi”… E lacrime e singhiozzi e suppliche. Alternativamente, istinti omicidi. 

A quel punto, si cercava una spalla amica, un confidente a cui togliere il sonno e la parola, da trascinare in una corrente alternata di rancore e disperazione. Un confidente. Uno. A largheggiare, due. A patto che giurassero discrezione eterna.

Oggi no. Oggi gli stracci volano sui social, davanti a platee di migliaia di spettatori. I panni sporchi si lavano su Facebook, la crisi spiattellata minuto per minuto in cambio di like. Cose intime e privatissime, cinici sputtanamenti, defaillance tristemente svelate. Tutto raccontato, riversato in un corposo diario senza lucchetto. 

Lo status passa da impegnato a single con un click o uno swipe: un amore muore ed è già lì, pronto a far parlare e sparlare e divertire. Un ghiotto tabloid, gossipparo e casereccio, che non ha più bisogno neppure delle comari del paesino per diffondersi di bocca in bocca.

Ma il feuilleton, quando uno degli interessati è appena un po' conosciuto, è destinato a gonfiarsi come una mongolfiera. Lo sanno bene starlette, attori e perfino politici che, a volte compiacenti a volte meno, nutrono con la loro intimità social e salotti tv un po' trash. Storie vere che sembrano sceneggiature scritte apposta per fare audience. Sentimenti esposti insieme alle generosissime scollature, confessioni, lacrime e dichiarazioni. Accuse, controaccuse e piccinerie, tutto condiviso nell'intimità di un pubblico planetario. Dimenticando, forse, che in questo caso, ogni meschinità è destinata a restare intrappolata nella rete, immortalata a futura memoria per sempre.