L'augurio che non arriverà

Oggi è il 19 marzo. San Giuseppe. La festa del papà. Nel 2010 fui invitato da un amico a San Sepolcro, patria di Piero della Francesca e luogo di grande dolore per le vicende legate alla seconda guerra mondiale (come Onna). A sera l'amico mi invitò a una conviviale che un club locale, a cui erano iscritte persone non più giovanissime, aveva organizzato proprio in occasione di quella festa. Alla fine mi chiesero di dare un saluto e lo feci volentieri anche per ringraziare della solidarietà che gli abitanti di San Sepolcro avevano mostrato verso i terremotati aquilani (diedero vita tra l'altro a una raccolta di libri che poi sono stati consegnati alla Onna Onlus) . Mi venne spontaneo dire che quel giorno, la festa del papà, per me aveva ormai perso di significato. Dopo il terremoto non avrei più potuto fare gli auguri al mio papà e nemmeno riceverne io dai miei figli. Anche oggi, e per tutto il tempo che mi resta, attenderò vanamente quegli auguri. Eppure non mi voglio arrendere: augurì papà, dovunque tu sia. E chissà che qualcuno da un'altra dimensione non li stia facendo anche a me.

E la giornata riprende.