L'Italia al tempo del coronavirus

Alla fine successe. Fu all’inizio dell’anno 2020. Nonostante la cancellazione di tutti i voli dalla Cina, la caccia a chiunque avesse gli occhi a mandorla e il boicottaggio dei ristoranti orientali, anche in un’Italia strenuamente blindata sbarcò la terribile piaga del coronavirus.

I politici reagirono con responsabilità e calma. Moltiplicarono le presenze nei programmi tv, spesso per non dire alcunché, qualcuno presentandosi alle telecamere con il viso (maldestramente) coperto con una mascherina per evitare quella nuova generazione di microbi che salta fuori dall’obiettivo. I sindaci del Sud minacciarono di arrestare i turisti del Nord, i sindaci del Centro chiusero preventivamente scuole, oratori e cinema e, ovunque, qualsiasi assembramento di più di tre persone veniva disperso dalle forze dell’ordine.

La popolazione, considerata l’estrema violenza degli effetti della nuova peste, la prese abbastanza bene. Al limite della psicosi. Le mascherine chirurgiche andarono esaurite in pochi giorni, mentre i normali gel disinfettanti per le mani venivano spacciati da loschi trafficanti a prezzi centuplicati. Tanto divennero preziosi i piccoli contenitori di gel che sparirono perfino quelli messi a disposizione degli onorevoli nelle toilette della Camera dei Deputati. Un rinnovato caso di Mani pulite.

I centri commerciali furono presi d’assalto, qualcuno si costruì il bunker nel giardino di casa come ai tempi dell’atomica in America e provvide a riempire la dispensa di generi di prima necessità (e di seconda e terza, che non si sa mai). A Trieste, la prefettura inviò una task force armata per presidiare gli scaffali dei supermercati.

In preda all’isteria collettiva, nei luoghi di lavoro iniziarono a dare i numeri. Per il Ministero della Sanità, la distanza di sicurezza per evitare il contagio era di un metro; nelle aziende private divenne di due metri, con un vetro di cristallo in mezzo. Nei tribunali fu deciso, invece, che dovevano essere otto i metri a separare i giudici dagli imputati, forse per la particolare pericolosità insita nei soggetti interessati: gli avvocati, evidentemente provvisti di un sistema immunitario fortificato da anni di pratica, potevano invece stare con i loro clienti spalla a spalla e urlare le considerazioni attraverso l’aula.

I viaggiatori italiani che si recavano all’estero vennero tutti rimandati indietro o tenuti insieme in speciali campi di contenimento, sorvegliati a vista per due settimane prima di essere rimpatriati. Nessun Paese comprava prodotti italiani e caddero vittime del fast food e del cattivo gusto. Nel Belpaese non volevano venire più nemmeno i profughi.

Finalmente, dopo i danni incalcolabili all’economia, il crollo del turismo e delle esportazioni, venne trovato un vaccino miracoloso. Lo chiamarono, semplicemente, “buon senso”.

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