La bici chiede strada: un giorno o l'altro bisognerà dargliela.

autopistaPESCARA - La foto, scattata alcuni giorni fa lungo la pista ciclabile di Via D'Annunzio, è l'emblema dell'eterna battaglia fra auto e bici per l'occupazione dello spazio. Si capisce e si vede bene chi vince: una macchina parcheggiata sulla pista ciclabile “costringe” un ciclista ad aggirarla, non c'è altro da fare. Ma la riflessione, scontata, di ognuno dovrebbe andare un po' più in là della semplice condanna del proprietario del mezzo a 4 ruote.

In altri Paesi, una semplice linea per terra, posta a demarcare un tracciato ciclabile riservato, rappresenta un muro reale per ogni altro mezzo. Un muro che, oltre che essere nelle norme, è anche nella testa dell'utente della strada. Qui, invece, il muro, se anche fosse fisico, verrebbe scavalcato (un SUV lo fa). In effetti, a ben pensarci, sul fronte della mobilità ciclistica, un muro noi ce l'abbiamo, che però è una specie di blocco, ed è mentale e quindi culturale. E non solo degli "utenti forti" della strada, ma anche degli amministratori della strada, di chi decide le regole, le funzioni, le proiezioni, gli spazi, il futuro dei trasporti, in città e fuori città, sia che ci si sposti per svago che e soprattutto per lavoro. Ecco, su queste questioni la nostra riflessione quotidiana di utenti della strada dovrebbe soffermarsi di più. E ragionandoci sopra forse intuiremmo che un Paese, ormai entrato nel secondo decennio del terzo millennio, per le proprie interconnessioni viarie, soprattutto urbane, avrebbe già dovuto decidere quali nuove direzioni prendere. Il mezzo di trasporto più diffuso, l'automobile, è quello che si muove di meno nel corso della sua vita temporale (un paio di ore al giorno, dicono le statistiche). E in più noi ne dobbiamo anche essere proprietari! La maggior parte degli spostamenti in un contesto urbano è di massimo 5 km. Perché siamo costretti a farli in automobile, lentamente, inquinando, per lasciarla poi ferma ad occupare spazi, magari sociali e verdi? Lungo i quasi 300 km di strade di Pescara, ipotizzando una lunga fila di auto parcheggiate su un solo lato, è così tanto lo spazio occupato dalle automobili che se noi le mettessimo in un unico grande parcheggio, questo avrebbe le dimensioni di 80 campi di calcio! 35 milioni sono le auto circolanti in Italia: ogni auto, ferma, occupa 10 mq: fate il calcolo... nazionale! Cosa aspettano allora gli amministratori a rimuovere questa follia, cosa aspettiamo noi tutti a cambiare rotta? Questa è una domanda che viene sicuramente dal popolo dei ciclisti, che si muove in direzione opposta a quella corrente, e lo fa accollandosi responsabilità quotidiane di cui farebbero molto volentieri a meno e che, anzi, appartengono ad altri. Da questo punto di vista, la recente legge regionale sulla mobilità ciclistica più che colmare un vuoto delimita un recinto, definisce uno spazio che adesso va riempito, di buon senso e di scelte concrete ed in sintonia con i futuri scenari di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Prima che sia troppo e stupidamente tardi. La bicicletta è una prospettiva con cui presto o tardi i futuri, se non già i presenti, assetti istituti decisionali dovranno fare certi conti.