Truffaut/Doinel

TURNO DI NOTTE

Le storie senza fine che amiamo ascoltare

Ci sono storie di cui immaginiamo la fine senza esserne però mai del tutto sicuri. La letteratura è piena di questi racconti che lasciano al lettore il compito di riempire la voragine di senso che si spalanca subito dopo la parola “fine”. Possiamo solo immaginare la vita coniugale di Renzo e Lucia dopo le loro travagliate nozze; così come non sapremo mai con certezza come andò a finire fra Penelope e Ulisse dopo il ritorno a Itaca dell’eroe della Guerra di Troia. Una frase abusata cerca di rassicurarci sulla parola “fine” sostenendo che non è la meta a essere importante ma il viaggio in sé. Ma sarà davvero così? Il finale di una storia è sempre un provvisorio approdo che serve a placare gli interrogativi di cui è disseminata la strada della vita. È anche per questo che ai finali di partita che romanzi e racconti ci propongono fingiamo solo di credere. In realtà sappiamo che qualcosa possa e debba ancora accadere e che il racconto fortunatamente proseguirà. Siamo come bambini che non si arrendono a quella parola, “fine”, e che continuano a chiedere: e poi cosa succede? Un po’ come quel ragazzino mai cresciuto di Antoine Doinel, l’alter-ego narrativo del regista François Truffaut, che in uno dei film della saga della sua vita, sussurra fra sé e sé: «Preferisco i film alla vita perché nei film, a differenza che nella vita, le storie non finiscono mai».

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