Processo grandi rischi e indifferenza

Stamani, in tribunale , è iniziata la requisitoria del pubblico ministero Fabio Picuti nell'ambito del cosiddetto processo Grandi rischi nel quale sono imputati i sette componenti della commissione Grandi Rischi (in carica nel 2009), organismo del dipartimento della Protezione civile, i quali nel corso di una riunione che si svolse una settimana prima del sisma del sei aprile del 2009 , di fatto, rassicurarono la popolazione rispetto al "rischio" di una forte scossa convincendo molti, me compreso, a restare a casa e, per ciò che mi riguarda, condannando a morte i miei figli.
Un collega mi ha chiesto cosa mi aspetto da questo processo in cui con altri trenta sono parte civile. Nulla, ho risposto. Non ci sarà sentenza che potrà restituirmi quello che di più caro ho perso. E, in fondo, la sentenza è l'ultima cosa che mi interessa. Questo processo, nelle sue varie fasi ha già detto una triste verità. Il 31 marzo del 2009 la riunione della Commissione grandi rischi fu una farsa (un amico di sventura l'ha definita addirittura una truffa nei confronti degli aquilani). In meno di un'ora l'unico obiettivo fu quello di far finta che quell'incontro fosse una cosa seria. E dire , alla fine: la gente può stare tranquilla. Questa è la certezza emersa dalle udienze. Se sia o no reato lo deciderà il giudice Marco Billi. Resta però, e comunque, una brutta pagina per la scienza italiana che si è piegata alle superiori logiche della politica (anche questo è stato accertato) senza preoccuparsi più di tanto che si stava giocando con la vita dei cittadini. Altra amarezza deriva dalla totale indifferenza della maggioranza degli aquilani rispetto al processo (e anche agli altri sui crolli). Se si eccettua quella parte che porterà il dolore dentro per tutta la vita, il resto pensa solo ai piccoli affarucci suoi e a come speculare sul terremoto e sulle disgrazie altrui. Il sindaco dell'Aquila e le altre autorità locali dovrebbero essere in aula in prima linea per capire cosa avvenne quella notte. E invece sono occupati in banali inaugurazioni e nelle solite tronfie conferenze stampa in cui trionfa il loro becero narcisismo. Poveri noi, poveri loro e povera L'Aquila.