Quel convegno del 2004 ignorato

21 Gennaio 2010

Mi è capitato di avere fra le mani un corposo volume, di oltre 1100 pagine, pubblicato dalla Deputazione di Storia Patria negli Abruzzi nel 2007. Contiene gli atti di un convegno del 2004 che si svolse dal 29 al 31 ottobre all'Aquila, in cui a trecento anni dai disastrosi terremoti del 1703 all'Aquila e 1706 a Sulmona, gli studiosi di varie materie ne ripercorsero le vicende e i mutamenti sociali che quelle scosse e relativi danni umani e materiali, provocarono. Il volume è a cura di Raffaele Colapietra, Giacinto Marinangeli e Paolo Muzi. Me lo ha donato due giorni fa il presidente della Deputazione Walter Capezzali. L'ho sfogliato prima un po' distrattamente e poi sempre più incuriosito e per certi versi sconcertato. Ho concluso con me stesso che se avessi avuto quel libro fra le mani , magari un anno fa, forse non avrei sottovalutato la pericolosità sismica del territorio aquilano. Il saggio introduttivo di Fabrizio Galadini a Paolo Galli inizia così: L'Abruzzo è una delle regioni a più elevata sismicità del territorio nazionale. E si conclude: per quanto riguarda gli eventi attesi con magnitudo uguale o superiori a 6.5 sia il settore aquilano che quello peligno sembrerebbero caratterizzati da un elevato livello di pericolosità. Una previsione fatta 5 anni prima del terremoto del sei aprile. Ignorata da tutti, a partire dai politici invitati a quel convegno.