«Abbattete quell’edificio» Ricorso-bis del confinante

Sarà ancora una volta il Tar a decidere il destino della costruzione abusiva ma “sanata” dal consiglio comunale per trasferirci alcuni uffici pubblici

LANCIANO. Sarà ancora una volta il Tar a decidere del destino di Palazzo Novecento, l’elegante palazzina di via De Titta dichiarata abusiva e destinata all’abbattimento. Il confinante, l’avvocato Pietro Salvatore, ha infatti impugnato l’ultima delibera del consiglio comunale, approvata lo scorso 30 dicembre, nella quale venivano riconosciuti i «prevalenti interessi pubblici» per l’immobile, che veniva così salvato dalla demolizione e destinato ad ospitare uffici comunali. Nelle ventinove pagine del ricorso, però, Salvatore si oppone a quest’ultimo atto, che farebbe risparmiare all’amministrazione comunale i 350mila euro della demolizione e 85mila circa di affitto degli uffici che si sposterebbero nella palazzina.

Nel ricorso il proprietario del villino confinante, danneggiato dal fabbricato costruito senza rispettare le distanze dai confini, come hanno riconosciuto diverse sentenze del Tar, richiama le precedenti delibere del Comune che avevano avviato l’iter per la demolizione della palazzina - c’era il progetto preliminare e una somma era stata impegnata in bilancio - che non sono state revocate e quindi, secondo il ricorrente, sarebbero ancora valide. Illegittima sarebbe, quindi, quella del 30 dicembre 2013.

Ma Salvatore non si ferma ai vizi procedurali ed entra nel merito di quanto deciso dal consiglio comunale. «La delibera prende le mosse da interessi prettamente patrimonialistici», nota il ricorrente, «dalla necessità di conseguire, attraverso la non demolizione, un risparmio di danaro». Una previsione che, per il ricorrente, non tiene conto del risparmio che si avrebbe a non dover risarcire più il confinante (il Comune paga a Salvatore 4mila euro l’anno fino al ripristino dei luoghi) e del valore che l’area edificabile acquisterebbe una volta demolito il fabbricato. Palazzo che, insiste Salvatore, non sarebbe idoneo a ospitare uffici pubblici poiché frazionato in appartamenti (solo un piano sarebbe adattabile a front office), carente di parcheggi e in una strada senza sbocchi, priva di marciapiedi e densamente abitata. Il ricorrente chiede, dunque, l’annullamento della delibera del consiglio e della modifica della destinazione d’uso di Palazzo Novecento e di provvedere anche alla nomina di un commissario ad acta che dia seguito alle sentenze e porti a termine l’abbattimento della palazzina al posto del Comune.

Stefania Sorge

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