Abruzzo, ecco la lettera “oscena” di D’Annunzio a Tosti

Il Vate riempie di offese il compositore, il singolare manoscritto esposto a Chieti. L’esperto Miscia: «Parolacce dell’epoca ma in tono scherzoso scritte con Origo»

CHIETI. «Piglianculo vastissimo… Vecchia orina mulesca…Vulva rugosa di quacquera… Ruffiano di Pio X». Nessun vilipendio, è una vera e propria opera letteraria che nasce da un carteggio. Uno dei protagonisti? Un Gabriele D’Annunzio goliardico, scurrile e dissacrante che non tutti possono immaginare così. Anzi, scoprirne questi lati meno canonici diventa pure una simpatica sorpresa. La fonte letteraria che n’è anche la riprova? Una lettera del 14 dicembre del 1906 scritta a due mani con Clemente Origo, pittore che ha operato tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento e che era parte attiva come D’Annunzio di quel cenacolo michettiano ancora, almeno in parte, da far conoscere meticolosamente anche agli stessi abruzzesi. Una lettera scritta fronte-retro inviata al compositore abruzzese Francesco Paolo Tosti, unica nel suo genere, esposta in questi giorni fino al 6 novembre nei locali della Camera di commercio, in occasione della mostra a cura di Gianfranco Miscia con numerosi inediti del musicista: è la “For Ever and For Ever” in ricordo della prima romanza tostiana su testo inglese del 1879.

Insomma, D’Annunzio e Origo in quel lontano dicembre si divertirono a schernire quello che evidentemente era un loro caro amico, compagno d’arte e di cenacoli: «Una lettera goliardica e scherzosa, l’unica in quegli anni con quello stile. Si lanciano parolacce di quell’epoca - Tosti è apostrofato “parapalla fesso” ad esempio - tra ragazzi del tempo» ci racconta Gianfranco Miscia, archivista dell’Istituto Nazionale Tostiano. «Una lettera la cui parte in corsivo è di Origo e quella in fondo di D’Annunzio. I due in quegli anni si trovavano a Firenze e si divertirono ad apostrofare il loro compagno dalla Toscana, probabilmente Tosti si trovava a Roma», continua Miscia. Nella lettera lo scrittore abruzzese, infatti, dice che si sarebbe dovuto recare nella capitale dopo il Natale, per allestire l’opera La nave, di cui avrebbe curato il libretto. E quindi, probabilmente, incontrarsi anche con l’amico musicista. Tanto che D’Annunzio chiede a Tosti di salutargli pure la moglie: «Tante tante cose tenerissime a Berta», si legge alla fine.

Ma chi era Francesco Paolo Tosti? Forse uno dei più grandi compositori di romanze da salotto e da camera, nato nel 1846 e che continuò a operare fino ai primi del Novecento. E Chieti ha voluto ricordarne il valore, nel centenario della sua scomparsa (2 dicembre, 1916). Il teatro Marrucino, poi, ha già ospitato il Gran Galà Tostiano, promosso sempre dalla Camera di commercio, in collaborazione con l’Istituzione Sinfonica Abruzzese e l’Istituto Tostiano. Istituti che già da tempo hanno voluto riscoprire il valore di un musicista che si strinse attorno al cenacolo di Francesco Paolo Michetti: con Tosti c’erano scrittori e artisti, oltre che a D’Annunzio e a Origo, come Costantino Barbella e Paolo De Cecco.