«Bimbi nel bosco felici e con gli altri»: le foto che lo provano nelle memorie depositate dalla difesa

17 Dicembre 2025

Le tutrici: no all’Appello, decida il tribunale. La decisione sull’annullamento del provvedimento entro il 27 gennaio: quali sono tutti i nodi

PALMOLI. Sia il tribunale per i minorenni dell’Aquila, e non la Corte d’appello, a decidere sul ricongiungimento della famiglia del bosco di Palmoli. È questo il senso dei pareri espressi dalla tutrice Maria Luisa Palladino e dalla curatrice speciale Marika Bolognese, depositati ieri in vista dell’udienza. In altre parole: secondo le due professioniste incaricate di vigilare sull’interesse dei minori, devono essere i giudici di primo grado che hanno emesso l’ordinanza dello scorso 20 novembre a valutare gli innegabili passi in avanti fatti da mamma Catherine Birmingham e da papà Nathan Trevallion. La tesi è che la situazione sia cambiata rispetto a un mese fa e che, dunque, serva una valutazione sul presente, non sul passato. Nel frattempo, però, i tempi della giustizia non coincidono con quelli della vita quotidiana: i tre fratellini restano nella casa protetta di Vasto, in attesa che qualcuno stabilisca quale sia il loro destino.

Si può riassumere così l’ennesimo capitolo di una vicenda che continua a spaccare l’Italia, divisa tra chi vede nell’intervento dello Stato una salvaguardia necessaria e chi lo percepisce come un’intrusione inaccettabile. Alle 9 di ieri scadevano i termini per presentare in via telematica le nuove memorie alla Corte d’appello dell’Aquila. I giudici di secondo grado avranno ora tempo fino al prossimo 27 gennaio per esprimersi sul reclamo presentato dagli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, i legali che hanno assunto la difesa della coppia anglo-australiana. Una finestra temporale molto ampia, che rischia di lasciare la famiglia in un limbo per altre settimane. L’attenzione della politica, intanto, contribuisce ad alzare la temperatura dello scontro istituzionale. Ieri è arrivato l’ennesimo attacco frontale del vicepremier Matteo Salvini, che ha usato parole durissime nei confronti dei magistrati: «Vergogna e sdegno per dei giudici pavidi che decidono di non decidere, e rischiano di lasciare un trauma per tutta la vita a tre bimbi che vivevano felici con mamma e papà in mezzo alla natura».

La strategia difensiva dei genitori, però, non si basa sulla polemica, ma prova a smontare pezzo per pezzo la narrazione che ha portato all’allontanamento. Nella memoria depositata dai legali sono state allegate numerose fotografie che ritraggono i bambini in contesti di assoluta normalità. Le immagini immortalano i tre fratelli sorridenti insieme ai loro coetanei a Palmoli, durante uscite nei locali della zona o nel corso delle vacanze trascorse con la famiglia. L’obiettivo della difesa è chiaro: quelle immagini servono a provare che i piccoli non vivevano affatto in una condizione di isolamento o segregazione, come era stato ipotizzato inizialmente, ma avevano una vita sociale attiva e gratificante. Come dire: l’idea dei “bambini selvaggi” è una suggestione che non corrisponde alla realtà dei fatti.

Sempre sul piano tecnico, la difesa contesta la radice stessa del provvedimento: mancavano i criteri fondamentali di emergenza, eccezionalità e interesse del minore che avrebbero dovuto giustificare la sospensione della responsabilità genitoriale e l’allontanamento coatto. È una misura estrema, sostengono i legali, che avrebbe potuto avere varie alternative meno traumatiche; soprattutto, non c’era alcuna emergenza immediata tale da richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Gli avvocati, nell’ultimo documento, ripercorrono i punti chiave della vicenda ed evidenziano una lacuna procedurale che ritengono decisiva: l’assenza, nel fascicolo originale, di documenti che certificassero il percorso di istruzione dei minori.

Il nodo della scuola è centrale. La difesa sottolinea che l’istruzione parentale, l’homeschooling, è una modalità educativa garantita dalla Costituzione italiana e che, nel caso della famiglia Trevallion, non è stata omessa né utilizzata in modo elusivo per nascondere i bambini al mondo. A riprova di questo, viene citato un fatto preciso: per la figlia maggiore, l’unica in età scolare obbligatoria, i genitori avevano regolarmente chiesto e ottenuto l’ammissione all’esame di idoneità in una scuola statale. Esiste una documentazione che attesta il rilascio dei relativi nulla osta e attestati, ma queste carte sono state acquisite al fascicolo solo dopo l’emissione dell’ordinanza di allontanamento. In sostanza, si sarebbe deciso senza avere il quadro completo.

Anche la cosiddetta «deprivazione tra pari», uno dei pilastri su cui si fonda l’accusa di inadeguatezza genitoriale, viene messa in discussione. La difesa si chiede se questa condizione sia stata effettivamente accertata attraverso osservazioni cliniche o se sia stata semplicemente desunta in automatico dal fatto che i minori non frequentassero la scuola tradizionale. Al riguardo, le memorie difensive richiamano le testimonianze raccolte dai media, in particolare dal programma Le Iene, nonché quelle fornite dai vicini di casa di Palmoli. Secondo questi racconti, i bambini giocavano regolarmente con i loro pari, si recavano nel parco pubblico, frequentavano altre persone. Testimoni oculari che, secondo la difesa, sarebbe stato opportuno ascoltare in sede giudiziale prima di prendere decisioni drastiche, così come sarebbe stato necessario l’intervento preventivo di figure di mediazione, come un mediatore linguistico o familiare, per superare le barriere culturali e comunicative che hanno complicato i rapporti con i servizi sociali.

«Qui c’è stata una criticità durata oltre un anno», ha spiegato ieri la Palladino, ricordando che l’intervento del giudice non è stato un fulmine a ciel sereno, ma l’esito di un percorso lungo e difficile. Tuttavia, la stessa tutrice apre uno spiraglio importante: «Però è giusto tornare al ricongiungimento. Spero che ci sia la possibilità di poter dialogare con la famiglia a proposito dell’istruzione». In tal senso, i segnali sono positivi: i genitori si sono detti disponibili ad accettare che i bimbi siano seguiti a casa da un’insegnante, rinunciando a gestire l’istruzione in totale autonomia. Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, un altro tema caldo della vicenda, la Palladino ha aggiunto un dettaglio rilevante: «Stiamo predisponendo i richiami per i vaccini obbligatori che avevano fatto. Il libretto vaccinale era presente». Una conferma che smentisce l’immagine di una famiglia totalmente avulsa dalle regole sanitarie di base. La tutrice ha poi ribadito: «I minori non sanno leggere e scrivere».

La vicenda, dunque, continua a svilupparsi su due binari paralleli. Da un lato, c’è il reclamo pendente davanti alla Corte d’appello: qui, secondo quanto sottolineato dalla tutrice e dalla curatrice, i giudici dovrebbero esprimersi solo sulla legittimità formale del provvedimento preso a novembre, valutando se fosse corretto alla luce degli atti depositati all’epoca. È un giudizio sul passato. Dall’altro lato, c’è il tribunale per i minorenni, che ha in mano il presente: dopo l’udienza dello scorso 4 dicembre, i giudici di primo grado si sono riservati la decisione sulla richiesta di revoca dell’ordinanza, basandosi sui fatti nuovi e sulla disponibilità mostrata dai genitori. Nel mezzo, tra i tempi della procedura e quelli della burocrazia, ci sono le feste di Natale ormai alle porte. E c’è la speranza di Catherine e Nathan, e sicuramente anche dei loro figli, di poterle passare insieme, chiudendo questa parentesi dolorosa.

@RIPRODUZIONE RISERVATA