Calvi, un delitto senza colpevoli

24 Luglio 2011

Disposta la seconda archiviazione: prosciolti padre e figlio accusati di furto e dell'omicidio della commerciante nel 2006. Intanto uno degli indagati è rimasto senza lavoro

CHIETI. Il Gip del tribunale di Chieti, Marco Flamini, su richiesta del pm Giuseppe Falasca, ha firmato il decreto di archiviazione delle indagini sulla morte di Ofelia Calvi, la vedova 83enne uccisa il 4 gennaio del 2006, nella sua abitazione in via De Lollis, in pieno centro. Di conseguenza, sono stati prosciolti gli unici due indagati, padre e figlio di Chieti: il genitore accusato di omicidio, ricettazione e rapina e il figlio di furto aggravato. Escono di scena loro e l'omicidio resta senza alcun colpevole.

Un caso irrisolto, chiuso per la seconda volta: la prima un anno dopo l'omicidio, nel 2007; la seconda qualche mese fa, a un anno dalla riapertura avvenuta nella primavera del 2010. Un caso controverso sul quale hanno lavorato la polizia di Chieti e l'unità delitti insoluti - squadra "cold case" - voluta dal capo della polizia Antonio Manganelli. Indizi, tanti indizi, alcuni contrastanti. Ma nessuna prova in grado di inchiodare il colpevole o i colpevoli.

La storia. All'ora di pranzo del 4 gennaio 2006 Ofelia Calvi viene trovata morta nell'abitazione. La vedova, secondo quanto accertato, è stata soffocata, probabilmente da un uomo che le teneva la mano sulla bocca per non farla gridare. E sarebbe stata anche colpita da un pugno in volto. Le indagini si indirizzarono verso un furto finito male, dal momento che nelle stanze della casa della donna mancavano soldi e oggetti vari di valore. Si pensa a una banda di zingari specializzati nei furti in appartamento. Ma un anno dopo l'inchiesta non produce alcun colpevole.

Un anno fa, il fascicolo è finito nelle mani dell'Unità delitti insoluti che ha sfruttato le più moderne tecniche di indagini per passare di nuovo al setaccio gli elementi a disposizione. Padre e figlio compaiono sulla scena quando i poliziotti scoprono che nel giugno 2005 è stato venduto al banco metalli un monile simile a quello scomparso qualche giorno prima nell'abitazione della Calvi. A passare all'incasso è stato un uomo di mezza età, configurato nel padre di un giovane che fino alla fine del primo semestre del 2005 era alle dipendenze della signora Calvi. Padre e figlio che finiscono sul registro degli indagati, anche perché gli inquirenti hanno riscontrato un flusso di telefonate anomalo tra i due nel giorno dell'omicidio dell'anziana giocattolaia.

Ecco, quindi, che l'indagine si concentra sui due. Nel giugno del 2010 c'è stata anche una perquisizione nelle loro abitazioni. Tanti indizi, nessuna prova. Ma gli uomini dell'Unità delitti insoluti hanno rinvenuto sul giaccone della Calvi una traccia di sudore che avrebbe potuto costituire una prova qualora il Dna sarebbe stato compatibile con quello dell'indagato. Che, la scorsa estate, ha sollecitato lui stesso l'esame. E' avvenuto, ma non è stata riscontrata compatibilità. Un punto fondamentale a favore della difesa che ha così sventato la prova regina dell'inchiesta.

La polizia si è avvalsa anche di intercettazioni ambientali. Hanno passato al setaccio la vita dei due indagati e verso la fine dello scorso anno hanno rimesso il rapporto alla procura. Tanti indizi, non abbastanza per sostenere la richiesta di rinvio a giudizio. E così il pm Giuseppe Falasca ha chiesto al gip l'archiviazione. Il giudice per le indagini preliminari, Marco Flamini, non si è opposto e ha controfirmato il documento. Fine delle indagini. Ma, soprattutto, fine di un incubo per padre e figlio, conosciuti in città.

Va detto che il genitore si è sempre messo a disposizione degli inquirenti. Sta di fatto che una fuga di notizie su un settimanale ne ha facilitato l'identificazione. Roba dell'agosto dell'anno scorso. Lui nella vita fa il pittore edile e si diletta come musicista. L'ombra dell'omicidio Calvi un po' alla volta gli ha eroso la credibilità nella vita sociale. Una volta che si è sparsa la voce dell'indagine sempre meno gente lo ha chiamato al lavoro. E a distanza di mesi ha avuto problemi anche in famiglia.

«Non avevamo dubbi sulla dimostrazione di innocenza dei miei assistiti», ha detto l'avvocato Marco Bevilacqua. «Giustizia è stata fatta grazie anche all'avvedutezza dei magistrati. Comunque sia, questo decreto di archiviazione rafforza la nostra posizione e la nostra pretesa risarcitoria verso quegli organi di informazione che hanno messo alla berlina i miei assistiti».

Il danno e la beffa: un omicidio senza colpevole e due persone marchiate da un sospetto cancellato dal decreto di archiviazione. Di conseguenza, sono stati prosciolti gli unici due indagati, padre e figlio di Chieti: il genitore accusato di omicidio, ricettazione e rapina e il figlio di furto aggravato.

Escono di scena loro e l'omocidio resta alcun colpevole. Un caso irrisolto, chiuso per la seconda volta. La prima un anno dopo l'omicidio, nel 2007; la seconda qualche mese fa, a un anno dalla riapertuta avvenuta nella primavera del 2010. Un caso controverso sul quale hanno lavorato la polizia di Chieti e l'unità delitti insoluti - squadra "cold case" - voluta dal capo della polizia Antonio Manganelli

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