Cepagatti, imprenditore si toglie la vitaPrimavera: aziende in crisi, politica assente

Il presidente di Confindustria attacca anche le banche: più credito per risalire la china
CHIETI. La crisi economica uccide e sale il numero di imprenditori che, schiacciato dai debiti, non vede altra soluzione se non quella di compiere l'ultimo atto di ribellione, quello più estremo. Dall'inizio di gennaio sono 7 gli artigiani che si sono tolti la vita nel Bel paese. L'ultimo, in ordine cronologico, a Cepagatti. Dove E.F., 44 anni, ha deciso di dire basta a tutte le sue angosce.
Per la Confartigianato nazionale quegli imprenditori sarebbero in realtà «vittime di un omicidio legalizzato», per la Confindustria teatina il fenomeno va considerato come «una tragedia sociale da attribuire ad una politica inadempiente», mentre per la Uil provinciale lo stato di enorme disagio delle aziende sarebbe figlio del governo Monti «che sta varando solo procedimenti per fare cassa».
Associazioni di categoria e sindacati sono concordi sulla necessità di emanare una legge che garantisca pagamenti in tempi certi e che tuteli l'impresa artigiana. Ma soprattutto che modifichi il sistema bancario.
«Purtroppo i casi di suicidio da parte di imprenditori soffocati da debiti si stanno espandendo. Le banche non devono mettere gli imprenditori spalle al muro» dice Primavera. Alle piccole aziende Confindustria chiede come contropartita maggiore chiarezza. «gli imprenditori devono presentare bilanci reali. ma chiudere i rubinetti del credito agevolato equivale a mettere i proprietari di piccole aziende nelle mani degli strozzini».
Il presidente di Confindustria punta il dito contro la «freddezza» di cui si è circondato il sistema bancario. «Occorre preparare i consulenti affinché sappiano gestire le situazioni di crisi, analizzando i programmi per poi costruire un piano che vada a estinguere gradualmente i debiti». Per Primavera è necessario che gli istituti di credito si liberino «dall'effetto pecora». «Un imprenditore inadempiente entra nella lista nera di tutta la rete bancaria e nessuno gli darà più credito, anche se la sua azienda ha una tradizione centenaria».
Sono oltre 40mila le piccole e medie imprese nella provincia di Chieti e a giudizio del presidente di Confindustria sarebbero tutte in sofferenza. E non solo a causa delle banche. «La pubblica amministrazione è uno dei peggiori pagatori» sostiene Primavera «come si fa a far quadrare il bilancio di un'azienda se gli oneri contratti dagli Enti pubblici vengono pagati in media dopo un anno mentre negli altri stati d'Europa ne bastano tre o al massimo 6? È chiaro che il mancato pagamento dell'imprenditore blocca tutta la filiera economica: niente soldi per i fornitori e niente salario ai dipendenti. Un effetto domino che porta alla disperazione. E chi crede nel proprio lavoro mettendoci anima e corpo, come nel caso di E.F., preso dalla disperazione può anche commettere un gesto irreparabile. Ma le cause che conducono un imprenditore a togliersi la vita non sono degne di un paese civile» conclude «ed è sulla inadempienza della politica che gravano queste tragedie sociali».
Antonio Cardo, segretario provinciale della Uil riserva la critica più aspra al governo Monti. «La crisi economica è una priorietà assoluta da risolvere. Il governo tecnico non può solo pensare a fare cassa mettendo mano al sistema previdenziale e approvando nuiovi regimi di tassazione. E a sostegno della piccola e media impresa, ossatura economica della nazione, nulla. Il governo Monti ha salvato il sistema bancario» puntualizza «ora gli istituti di credito aprano la borsa per finanziare le imprese».
Poi la stoccata alla Pubblica amministrazione con 8 miliardi di credito alle imprese italiane non elargiti. «Un qualsiasi lavoro, in Italia, in Abruzzo, e quindi nella provincia di Chieti viene pagato anche dopo 700 giorni. A queste condizioni falliscono anche aziende sane. Il prodotto interno lordo» insiste «è determinato dale piccole e medie imprese, quelle con meno di 15 dipendenti, che nel tessuto teatino rappresentano l'85% della realtà aziendale. È giunta l'ora di fare qualcosa per loro». Ieri l'addio a E.F. nella chiesa dei XII Apostoli.
Per la Confartigianato nazionale quegli imprenditori sarebbero in realtà «vittime di un omicidio legalizzato», per la Confindustria teatina il fenomeno va considerato come «una tragedia sociale da attribuire ad una politica inadempiente», mentre per la Uil provinciale lo stato di enorme disagio delle aziende sarebbe figlio del governo Monti «che sta varando solo procedimenti per fare cassa».
Associazioni di categoria e sindacati sono concordi sulla necessità di emanare una legge che garantisca pagamenti in tempi certi e che tuteli l'impresa artigiana. Ma soprattutto che modifichi il sistema bancario.
«Purtroppo i casi di suicidio da parte di imprenditori soffocati da debiti si stanno espandendo. Le banche non devono mettere gli imprenditori spalle al muro» dice Primavera. Alle piccole aziende Confindustria chiede come contropartita maggiore chiarezza. «gli imprenditori devono presentare bilanci reali. ma chiudere i rubinetti del credito agevolato equivale a mettere i proprietari di piccole aziende nelle mani degli strozzini».
Il presidente di Confindustria punta il dito contro la «freddezza» di cui si è circondato il sistema bancario. «Occorre preparare i consulenti affinché sappiano gestire le situazioni di crisi, analizzando i programmi per poi costruire un piano che vada a estinguere gradualmente i debiti». Per Primavera è necessario che gli istituti di credito si liberino «dall'effetto pecora». «Un imprenditore inadempiente entra nella lista nera di tutta la rete bancaria e nessuno gli darà più credito, anche se la sua azienda ha una tradizione centenaria».
Sono oltre 40mila le piccole e medie imprese nella provincia di Chieti e a giudizio del presidente di Confindustria sarebbero tutte in sofferenza. E non solo a causa delle banche. «La pubblica amministrazione è uno dei peggiori pagatori» sostiene Primavera «come si fa a far quadrare il bilancio di un'azienda se gli oneri contratti dagli Enti pubblici vengono pagati in media dopo un anno mentre negli altri stati d'Europa ne bastano tre o al massimo 6? È chiaro che il mancato pagamento dell'imprenditore blocca tutta la filiera economica: niente soldi per i fornitori e niente salario ai dipendenti. Un effetto domino che porta alla disperazione. E chi crede nel proprio lavoro mettendoci anima e corpo, come nel caso di E.F., preso dalla disperazione può anche commettere un gesto irreparabile. Ma le cause che conducono un imprenditore a togliersi la vita non sono degne di un paese civile» conclude «ed è sulla inadempienza della politica che gravano queste tragedie sociali».
Antonio Cardo, segretario provinciale della Uil riserva la critica più aspra al governo Monti. «La crisi economica è una priorietà assoluta da risolvere. Il governo tecnico non può solo pensare a fare cassa mettendo mano al sistema previdenziale e approvando nuiovi regimi di tassazione. E a sostegno della piccola e media impresa, ossatura economica della nazione, nulla. Il governo Monti ha salvato il sistema bancario» puntualizza «ora gli istituti di credito aprano la borsa per finanziare le imprese».
Poi la stoccata alla Pubblica amministrazione con 8 miliardi di credito alle imprese italiane non elargiti. «Un qualsiasi lavoro, in Italia, in Abruzzo, e quindi nella provincia di Chieti viene pagato anche dopo 700 giorni. A queste condizioni falliscono anche aziende sane. Il prodotto interno lordo» insiste «è determinato dale piccole e medie imprese, quelle con meno di 15 dipendenti, che nel tessuto teatino rappresentano l'85% della realtà aziendale. È giunta l'ora di fare qualcosa per loro». Ieri l'addio a E.F. nella chiesa dei XII Apostoli.
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