la protesta

Chieti, mense scolastiche rincarate, ricorso al Tar di 20 mamme

I genitori dei bambini che frequentano le scuole cittadine chiedono al Comune di annullare la delibera L’avvocato Febbo: «Il provvedimento doveva essere approvato in consiglio e non dalla giunta»

CHIETI. Dopo le polemiche sul caro mense arriva anche il primo ricorso. Una ventina di agguerrite mamme, residenti sia sul Colle che allo Scalo (alcune anche fuori città) si sono rivolte all’avvocato Francesco Paolo Febbo per ricorrere contro l’aumento delle tariffe del servizio di refezione scolastica che aveva sollevato un vespaio di proteste da maggio in poi. Alle polemiche l’amministrazione comunale aveva risposto con una serie di incontri che sembravano esser riusciti a gettare acqua sul fuoco.

Almeno finché Febbo, avvocato noto per le sue battaglie ambientaliste, non ha depositato il ricorso al Tar di Pescara. I ricorrenti chiedono l’annullamento della discussa delibera di giunta che ha sancito i rincari (la 163 del 03.05.2016) e di ogni altro atto presupposto o consequenziale.

Quattro i motivi su cui si fonda il ricorso. Il primo è di natura formale: si eccepisce l’uso dell’indicatore Isee che dovrebbe essere utilizzato per prestazioni sociali mentre «la natura di servizi pubblici a domanda individuale non consente di ricondurre le suddette attività nella categoria delle prestazioni sociali».

Il secondo motivo, più sostanziale, riguarda il fatto che, secondo le tesi del ricorso, la delibera non era di competenza della giunta ma del Consiglio.

A questo riguardo viene citato l’art. 42 (co. 2, lettera f) del decreto legislativo 267/2000, che prevede la competenza del consiglio comunale «limitatamente ai seguenti atti fondamentali: “istituzione ed ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe per la fruizione dei beni e dei servizi». Di conseguenza, si legge nel ricorso, «appare evidente come la giunta abbia chiaramente esorbitato dalle proprie competenze, “invadendo” il campo riservato, per legge, al consiglio comunale, con valutazioni e motivazioni che contengono profili politici e di indirizzo non riconducibili alla funzione esecutiva dell’organo di giunta».

Il terzo motivo riguarda il fatto che la delibera avrebbe dovuto essere approvata entro il 30 aprile, termine ultimo per l’approvazione del bilancio di previsione. La delibera, invece, è del 3 maggio scorso. Si cita a riguardo l’articolo 1 (co. 169) della legge numero 296/2006 che non lascerebbe spazio ad interpretazioni: «In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno».

L’ultimo motivo riguarda i non residenti ai quali è stata applicata la tariffa massima. Se può apparire giusto il principio secondo cui i non residenti, non pagando le tasse in città, debbano pagare qualcosa in più rispetto ai residenti, non si può, comunque, su questa base «gravarli in maniera così eccessiva». (a.i.)