Chieti, scoperti dieci lavoratori in nero in ristoranti, bar e autolavaggi

3 Ottobre 2025

Un dipendente era senza permesso di soggiorno: scatta l’espulsione dall’Italia, denunciato il titolare. Campagna delle fiamme gialle per contrastare fenomeni che minano la leale concorrenza tra imprese

CHIETI. È un’economia senza nomi, senza contratti, senza diritti. Un sistema di lavoro sommerso che si nasconde dietro le insegne dei ristoranti, dei bar, degli autolavaggi. Una campagna di controlli della guardia di finanza – al comando del colonnello Massimo Otranto – ha portato alla luce undici storie di irregolarità, tra cui il caso di un lavoratore straniero privo del permesso di soggiorno.

L’operazione delle fiamme gialle del gruppo di Chieti, coordinate dal tenente colonnello Vito Casarella, ha accertato dieci posizioni non in regola: per cinque di queste si è trattato di lavoro completamente in nero. Ma è in un autolavaggio che si è consumata l’illegalità più grave: i finanzieri hanno identificato un lavoratore straniero privo del regolare permesso di soggiorno. Per l’uomo è scattata l’immediata esecuzione del decreto di espulsione, mentre il titolare dell’impresa è stato denunciato alla procura di Chieti e ora risponderà del reato di «assunzione di lavoratori stranieri senza regolare permesso».

Per cinque delle aziende controllate è stata avviata la procedura per la «maxi sanzione», un provvedimento con multe da 1.950 a 11.700 euro per ogni lavoratore. Per altre quattro attività, avendo superato la soglia del 10% di manodopera irregolare sul totale dei dipendenti, è stato inoltre richiesto all’Ispettorato territoriale del lavoro il provvedimento di sospensione dell’esercizio. I controlli hanno messo in luce anche altre forme di illegalità. Sono state infatti riscontrate diverse irregolarità sulle comunicazioni presentate agli organi competenti, come Scia, agibilità e autorizzazioni sanitarie; in due casi, invece, sono state constatate infrazioni all’obbligo di emissione di scontrini fiscali.

La guardia di finanza evidenzia come «il lavoro nero rappresenti una piaga per l’intera economia. Essendo una pratica orientata alla riduzione dei costi di “struttura”, non solo sottrae risorse vitali all’Erario, ma mina anche gli interessi dei lavoratori, spesso sottopagati e privi di tutele». Un meccanismo che pregiudica «gli equilibri economici del Paese, compromettendo la leale e sana competizione tra le imprese oneste» e chi, invece, opera nell’ombra dell’illegalità.