Coltivava marijuana, assolto

Per i giudici della corte d’appello non costituisce reato.

CHIETI. Coltivare la marijuana nel giardino di casa o nei vasi del terrazzo non è reato. Lo ha detto la corte di appello dell’Aquila che ha assolto un uomo di 42 anni, di Chieti, condannato in primo grado a due anni e 8 mesi di reclusione.
I giudici aquilani l’altro ieri hanno assolto Fabrizio Gasbarri, di Miglianico, perché quelle piantine che gli furono trovate in casa dai carabinieri, insieme ad alcune buste di «erba» essiccata del peso di circa un 1 chilo e 200 grammi, venivano coltivate non per essere spacciate bensì per uso personale. Secondo i giudici di appello non c’era nessun elemento che facesse pensare che Gasbarri cedesse ad altri la cannabis. L’uomo, che fu arrestato a Francavilla dai carabinieri nell’ottobre del 2006, era difeso dall’avvocato Italo Colaneri.

Venne fermato dai militari del nucleo operativo e radiomobile per un controllo, ma poi i carabinieri decisero di perquisire l’abitazione di Miglianico, dove trovarono due piantime di marijuana, alte circa un metro, e oltre un chilo di erba essiccata. Le manette scattarono immediatamente e in primo grado Gasbarri venne condannato a due anni e 8 mesi. La sentenza dei giudici aquilani, che ha stravolto quella del colleghi teatini, è innovativa anche se non è l’unica in Italia e comunque costituirà un orientamento per casi simili. Del resto già il Gip del tribunale di Chieti Marco Flamini anticipò, in qualche modo, la decisione della corte aquilana.

Infatti il giudice convalidò l’arresto di Gasbarri ma per lui non applicò la misura cautelare in carcere, ritenendo che non ci fossero elementi sufficienti a confermare che spacciasse quelle piante che coltivava. Un caso simile si porrà all’attenzione dei giudici di Chieti il prossimo maggio. Fabrizio Pellegrini, anche lui teatino venne arrestato nel giugno del 2008, perché in casa aveva alcune piantine di cannabis, peraltro non ancora maturate. La vicenda di Pellegrini, difeso dall’avvocato Marco Di Paolo, molto conosciuto in città anche per la passione per il pianoforte e la pittura, era arricchita di un ulteriore particolare. Il giovane uomo diceva di usare la marijuana per curare l’artrite reumatoide.

Ma in quel caso il Gip Marina Valente, sostenendo che Pellegrini avrebbe potuto alleviare i dolori con i farmaci invece che con la cannabis, convalidò l’arresto e applicò la misura cautelare in carcere. La giudice negò anche gli arresti domiciliari, perché ritenne che in quel caso si potesse comunque parlare di spaccio, nonostante la modesta quantità di piantine trovata. Dopo 28 giorni Pellegrini, che ebbe la solidarietà di associazioni che si battono per la legalizzazione della cannabis quando questa serva a lenire il dolore e degli amici che ne esaltarono le doti umane, di musicista e artista, venne messo agli arresti a casa su disposizione del tribunale del riesame che riformò l’ordine di arresto. Qualche giorno dopo Pellegrini tornò libero.