Crac da 100 milioni per il re delle cliniche

L’imprenditore ai domiciliari per la bancarotta di Villa Pini: «Non me l’aspettavo»

CHIETI. Il grande accusatore è stato arrestato. Vincenzo Angelini, re delle cliniche private, dopo quasi due anni dalle confessioni alla procura di Pescara, con le quali si guadagnò la libertà, ma che travolsero la giunta dell’ex governatore Ottaviano Del Turco, per presunte tangenti, è finito agli arresti a casa per un crack da 100 milioni. La Finanza di Chieti ieri gli ha notificato l’ordinanza del Gip Marina Valente, chiesta dai pm Pietro Mennini, Giuseppe Falasca e Andrea Dell’Orso.

Bancarotta fraudolenta.
L’accusa ipotizzata dalla magistratura teatina è di bancarotta fraudolenta per distrazione, documentale, patrimoniale e aggravata dal falso in bilancio, e riferita alla casa di cura Villa Pini srl, amministrata dallo stesso Angelini e dichiarata fallita lo scorso 17 febbraio.
L’inchiesta, che ha determinato l’arresto di quello che una volta veniva definito «il magnate della sanità», è il risultato delle indagini su Sanitopoli avviate dalla procura di Pescara, dal pool di magistrati guidati dal procuratore Nicola Trifuoggi, che ha trasmesso per competenza a Chieti una parte importante del fascicolo, quella che riguardava esclusivamente Angelini e la gestione della clinica privata.

La procura di Chieti aprì subito un fascicolo per bancarotta fraudolenta per distrazione. Un mese dopo il tribunale dichiarò, anche sulla base delle indagini degli inquirenti, il fallimento della clinica Angelini. Qualche giorno prima del trasferimento degli atti tra le due procure, la Guardia di finanza di Pescara sequestrò alcuni beni di Angelini, tra i quali le mura della clinica privata a Torrevecchia.

100 milioni di euro distratti.
La tesi del pool di magistrati di Chieti, cui sono giunti dopo quattro mesi di indagini degli uomini della tributaria coordinati dal tenente colonnello Gabriele Miseri e ratificata da circa 30 pagine di articolate motivazioni, scritte nell’ordinanza cautelare dalla giudice per le indagini preliminari Marina Valente, parlano di «continui prelievi dell’Angelini di somme di denaro, per oltre 95 milioni di euro, dai conti correnti intestati alla clinica Villa Pini, in favore di sé medesimo o della Novafin spa, holding del gruppo, ponendo in essere una concreta sostituzione fraudolenta dell’attivo finalizzata a surrogare liquidità certe con crediti difficilmente esigibili». Tra le accuse anche l’occultamento di 21 milioni di euro mediante la sottoscrizione di contratti di sponsorizzazione al motociclista Andrea Dovizioso.

Falso in bilancio.
Secondo i finanzieri il re delle cliniche private avrebbe iscritto nei bilanci della società Villa Pini fittizi valori dell’attivo. E lo stesso avrebbe fatto con i conti passivi della clinica, aumentandoli senza giustificazione, per una somma di circa 30 milioni, attraverso l’iscrizione di alcune ipoteche sugli immobili al fine di ottenere ulteriori liquidità.

Sequestrato un Tiziano.
Nel mese di marzo, nel cuore dell’inchiesta, gli uomini della Guardia di finanza andarono in un garage di via della Liberazione, sotto il mega attico di viale Europa, che nei tempi d’oro occupava. E lì trovarono oggetti preziosissimi di Guttuso, De Chirico e Tiziano, solo questa ultima opera vale 900 mila euro e altri oggetti d’arte, attualmente ancora oggetto di stima da parte della soprintendenza ai beni culturali della città, il cui valore complessivo, a una prima valutazione degli esperti, ammonterebbe a oltre 10 milioni di euro. In quella occasione questi beni furono oggetto di un sequestro giudiziario e sui quali da ieri pende anche un sequestro cautelativo. Che servirà a soddisfare nell’ipotesi di un’eventuale sentenza di condanna, tutti quei soggetti danneggiati, dal crack. Peraltro le tele e gli oggetti d’arte più pregiati sono stati affidati a una nota galleria d’arte di Roma che già li deteneva. Alcune tele, infatti, erano state già consegnate dallo stesso Angelini alla galleria affinché fossero vendute.

L’ordinanza cautelare.
L’ordinanza firmata dal Gip è di circa 30 pagine. Nel documento vengono riportate alla lettera e in singole voci tutte le distrazioni di denaro reiterate che si sarebbero svolte fino a tutto il 2008 e anche nel 2009 delle risorse finanziarie della società Villa Pini. L’ordinanza è stata firmata dalla giudice Valente lunedì pomeriggio.

Angelini era in giro.
Il grande accusatore ieri mattina era in giro. O meglio era in tribunale. La procura ha chiesto il fallimento anche delle altre aziende del gruppo, in prevalenza quelle riabilitative e ieri mattina il tribunale è stato chiamato a doversi pronunciare anche alla luce di alcuni concordati richiesti dallo stesso Angelini.
Accompagnato come di consueto dall’autista, il grande accusatore, ignaro, ha visto anche il pool di magistrati che per lui hanno richiesto l’arresto. Mennini, Falasca e Dell’Orso infatti erano tutti e tre presenti all’udienza peraltro svoltasi con uno spiegamento di forze dell’ordine in divisa e in abiti borghesi. Quando i giudici hanno annunciato di riservarsi sulla decisione Angelini è andato via alla volta della sua villa a Francavilla al mare, dove solo un paio d’ore più tardi hanno bussato gli uomini della Finanza.

L’arresto.
Erano le 14 e Angelini era in casa, a pranzo insieme con la moglie Anna Maria Sollecito, medico anche lei, compagna di una vita del re delle cliniche. Ad aprire la porta è stata la domestica che ha fatto accomodare gli uomini delle fiamme gialle. Terreo in volto, come caduto dalle nuvole, il grande accusatore ha ascoltato i finanzieri che hanno letto l’ordinanza. «Non me l’aspettavo», le parole che avrebbe detto all’ufficiale di polizia giudiziaria. E anche la moglie sembra che abbia pronunciato parole di sorpresa.

I motivi dell’arresto.
Perché Vincenzo Maria Angelini, che nell’estate del 2008, imputato anche lui nella inchiesta Sanitopoli, decise di parlare, di fare quella che si dice in gergo «una chiamata di correità», anche per sfuggire alle manette, è stato arrestato solo ieri, a due anni da quei provvedimenti che decapitarono la giunta di centrosinistra per tangenti?
Secondo la procura di Chieti perché il suo comportamento stava inquinando le prove e perché, con una accusa pesante come la bancarotta fraudolenta, c’era il concreto pericolo di reiterazione del reato. Dunque doveva essere fermato.

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