Castiglione Messer Marino

Cura dell’aterosclerosi: passo in avanti grazie ad Annalaura, la ricercatrice di Castiglione

26 Luglio 2025

Intervista ad Annalaura Matrangelo, la  prima autrice di uno studio che può essere considerato rivoluzionario pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature”, che apre nuove strade nella lotta contro l’aterosclerosi. «Ecco come siamo arrivati a questo importante risultato». La soddisfazione del Comune di Castiglione Messer Marino e dell’assessore regionale Magnacca.

«Una castiglionese su Nature. Con immenso orgoglio condividiamo una notizia straordinaria che parla di talento, dedizione e radici. Annalaura Mastrangelo, originaria di Castiglione Messer Marino, è la prima autrice di uno studio rivoluzionario pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, che apre nuove strade nella lotta contro l’aterosclerosi. Ricercatrice presso il Centro Nazionale di Ricerca Cardiovascolare (CNIC), Annalaura ha contribuito in modo decisivo alla scoperta di un nuovo marcatore metabolico prodotto dal microbiota intestinale, che potrà presto cambiare l’approccio alla prevenzione e diagnosi delle malattie cardiovascolari. Un risultato scientifico di risonanza internazionale. ❤️ Un orgoglio per tutta la nostra comunità. A nome dell’intera cittadinanza, grazie Annalaura per portare nel mondo l’eccellenza e i valori del nostro piccolo borgo!». Con questo post sui social, di qualche giorno fa, il Comune di Castiglione Messer Marino si dice orgoglioso dei brillanti risultati ottenuti da Annalaura Mastrangelo.

Annalaura Mastrangelo è nata a Lanciano, 12 agosto 1987. Laureata in Farmacia nell’universitá di Modena e Reggio Emilia nel 2011 e dottoressa in Chimica Medica (dottorato internazionale) presso l’Universidad San Pablo CEU di Madrid (premio straordinario di dottorato per l’eccellenza della tesi). Dal 2017 ricercatrice nel Centro Nazionale Spagnolo di ricerca Cardiovascolare (Madrid).

Mastrangelo, originaria di Castiglione, è la prima autrice di uno studio rivoluzionario pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, che apre nuove strade nella lotta contro l’aterosclerosi. Lo studio interessa la diagnosi per la cura dell'aterosclerosi che colpisce in età adulta con costi sociali ed economici elevati per le famiglie. Con l'attività di ricerca, l'abruzzese ha garantito un grande passo avanti nella diagnosi e prevenzione per una patologia tra le più diffuse e difficili da trattare.

L’assessore regionale al lavoro Tiziana Magnacca: «Un risultato ottenuto grazie alla visione e alla determinazione di una donna abruzzese capace di eccellere anche nei contesti più competitivi".

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                   INTERVISTA AD ANNALAURA MASTRANGELO

Quali sono le principali conclusioni che avete ottenuto?

«Abbiamo identificato un nuovo metabolita di origine esclusivamente batterica (prodotto dalla nostra microbiota intestinale) che causa l’aterosclerosi. Abbiamo iniziato i nostri studi su topi e abbiamo scoperto che il propionato di imidazolo (ImP) è un metabolita di origine batterica associato all’aterosclerosi. Abbiamo confermato questa associazione anche in coorti di volontari umani apparentemente sani ma con aterosclerosi attiva molto precoce, prima che si manifestino i sintomi. Inoltre, abbiamo dimostrato che l’aggiunta di questo metabolito nell’acqua da bere è sufficiente a indurre l’aterosclerosi nei topi. Infine, abbiamo identificato il recettore di questo metabolita e una modalità per inibirlo farmacologicamente, al fine di prevenire l’aterosclerosi in soggetti con alti livelli di tale composto.

In che modo si rileva il propionato di imidazolo? È possibile tramite un’analisi del sangue?

Sì, si rileva tramite un campione di sangue. Tuttavia, al momento il protocollo di rilevamento è complesso e richiede tecniche come la LC-MS, disponibili solo in alcuni ospedali. Stiamo lavorando allo sviluppo di metodi di rilevamento più semplici, per facilitare l’inclusione di questo metabolita in un protocollo di analisi clinica di routine.

Come viene prodotto il propionato di imidazolo?

Viene prodotto da batteri della microbiota intestinale a partire da un amminoacido essenziale, la istidina. Questo amminoacido deve essere assunto regolarmente con l’alimentazione, in quanto non può essere sintetizzato dall’organismo. Non è quindi possibile evitare completamente la sintesi del metabolita, ma si può misurare se, a causa della composizione della microbiota, si ha una produzione eccessiva che giustifichi un intervento terapeutico per ridurne i livelli o bloccarne il riconoscimento da parte dell’organismo.

Tutte le persone in cui si rileva questo metabolita svilupperanno aterosclerosi?

Nel nostro studio è emersa una forte associazione tra alti livelli di questo metabolita e lo sviluppo di aterosclerosi attiva.

Quali sono le implicazioni di questo studio?

L’induzione dell’aterosclerosi da parte di questo metabolita è indipendente dai livelli di colesterolo e coinvolge la risposta immunitaria. Se riuscissimo a identificare i soggetti con alti livelli del metabolita, potremmo intervenire per inibirne la sintesi o la rilevazione da parte dell’organismo, e rallentare o prevenire la progressione dell’aterosclerosi.

In che modo questa scoperta potrà aiutare nella diagnosi e nel trattamento delle malattie cardiovascolari?

Lo può fare con una duplice azione tanto nella diagnosi che nel trattamento. Diagnosi: Questo metabolita può migliorare la diagnosi di aterosclerosi attiva. Finora, questa condizione è diagnosticabile solo tramite indagini di imaging avanzato e complesse. Con questo nuovo marcatore, un semplice esame del sangue potrebbe identificare un rischio elevato di aterosclerosi attiva, facilitando lo screening precoce dei soggetti a rischio. Inoltre, poiché l’aterosclerosi attiva è associata a eventi cardiovascolari come infarto o ictus, il metabolita potrebbe anche rappresentare un fattore prognostico, un aspetto che stiamo attualmente approfondendo. Trattamento: Identificata la causalità della malattia legata a questo metabolita, stiamo esplorando due approcci terapeutici: 1. Ridurre la sua produzione da parte della microbiota intestinale. 2. Inibirne il riconoscimento da parte dell’organismo mediante inibitori del recettore che abbiamo descritto nel nostro lavoro.

Si aspettava che questa scoperta arrivasse così lontano? Com’è stato per lei vedere che il tuo lavoro ha avuto tutto questo eco, anche considerando il percorso che ha fatto fino a oggi?

Onestamente no, non mi aspettavo che la notizia avesse tutta questa risonanza. È stato davvero emozionante vedere quanto interesse abbia suscitato, non solo nella comunità scientifica, ma anche nei media e tra i cittadini. Vedere che un lavoro iniziato tanti anni fa, con tanto impegno e dedizione, oggi riesce a far parlare di sé e a generare potenziali implicazioni cliniche concrete, è una grande soddisfazione. Vengo da una piccola realtà in Abruzzo, e guardandomi indietro non posso che essere grata per il percorso fatto: ho cambiato Paese, mi sono formata in ambienti molto diversi tra loro e ho cercato di costruire passo dopo passo una linea di ricerca che avesse un impatto reale. La risposta mediatica è andata ben oltre ogni aspettativa: lo studio è stato pubblicato in prima pagina su El País, che ci ha anche dedicato un editoriale nella versione cartacea. La notizia è stata ripresa da decine di siti web legati alla divulgazione scientifica e dell’Unione Europea, e da divulgatori scientifici che parlando del nostro lavoro hanno generato contenuti diventati virali. Anche post su X (Twitter) hanno avuto una risonanza enorme, contribuendo a diffondere ulteriormente il messaggio. Tutto questo è una conferma importante che la scienza, quando è comunicata bene e tocca temi vicini alla salute di tutti, può davvero arrivare lontano. E per me, personalmente, è una spinta ancora più forte a continuare su questa strada.