Truffa del Superbonus: arrestati imprenditore e due commercialisti

Vasto, l’operazione della Guardia di Finanza: agli arresti domiciliari Massimiliano Savazzi e i professionisti Enzo Colonnello e Mauro Di Vittorio
VASTO. «Evidenziano una spiccata pericolosità sociale e una marcata inclinazione a delinquere in modo professionale e seriale». Ecco perché i commercialisti Enzo Colonnello e Mauro Di Vittorio e l’imprenditore Massimiliano Savazzi sono stati arrestati per una maxi truffa nel settore del Superbonus, scoperta nell’ambito dell’inchiesta “Bonus scam” coordinata dalla procura della Repubblica di Vasto, condotta dalla guardia di finanza e già sfociata in un maxi sequestro. Un’indagine nel campo dell’edilizia che ha consentito di smantellare «un meccanismo illecito di frode, finalizzato alla creazione fittizia e all’indebita monetizzazione dei relativi crediti d’imposta, attraverso richieste di pubbliche erogazioni tramite l'Agenzia delle Entrate di crediti fiscali riferiti a falsi stati di avanzamento lavori (Sal), per un importo complessivo di oltre otto milioni di euro, oggetto di sequestro ai fini di confisca».
LE ACCUSE La misura cautelare è stata firmata dal giudice per le indagini preliminari (gip) Fabrizio Pasquale su richiesta del procuratore capo Domenico Angelo Raffaele Seccia: da ieri mattina, con le accuse di «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche» e «dichiarazione fraudolenta mediante altri raggiri», sono ai domiciliari Colonnello, 47 anni, nato a Guardiagrele e residente a Tollo, Di Vittorio (56), nato a Foggia e residente a Lavello (Potenza), e Savazzi (41), nato a Giussano (Milano) e residente a Uboldo (Varese). Il fascicolo d’inchiesta è stato aperto dopo alcuni riscontri effettuati (a seguito di un esposto presentato da un condomino) in un cantiere di San Salvo. Nel complesso residenziale Marina del Santo di via Raffaele Paolucci – tre edifici con circa 160 unità abitative complessive, oggetto di ripristino e ammodernamento rientrante nel Bonus 110% – i lavori sarebbero stati in alcuni casi solamente avviati, ma non portati a termine, e, in altri, completamente inesistenti.
IL MECCANISMO Scrive il gip: «Le indagini, corroborate da fonti di prova documentali e testimoniali, hanno evidenziato un contesto criminoso strutturato, connotato da reiterate condotte fraudolente, prive di carattere episodico e poste in essere da soggetti dotati di specifica qualifica professionale, finalizzato all'indebita acquisizione di crediti d'imposta e alla distrazione di risorse pubbliche, in pregiudizio dell’Erario e con danno concreto e attuale per lo Stato».
L'IMPRENDITORE Più nel dettaglio, Savazzi «è risultato essere il capo di un reticolo societario attraverso il quale è stato possibile ottenere illecitamente un numero considerevole di crediti fiscali con ingenti profitti, attraverso uno schema consolidato che prevedeva la predisposizione di pratiche intestate a soggetti terzi e ignari».
I COMMERCIALISTI Di Vittorio, invece, «ha apposto visti di conformità mendaci su comunicazioni trasmesse all’Agenzia delle Entrate, agevolando terzi soggetti nel conseguimento di crediti d’imposta inesistenti. Ha, altresì, partecipato attivamente alla realizzazione della truffa perpetrata attraverso la cessione dell’azienda Edil 2021, conferendo al meccanismo fraudolento un apporto essenziale, tanto sotto il profilo esecutivo, quanto sotto il profilo tecnico-professionale». Anche Colonnello, coinvolto in altre inchieste simili, «ha apposto visti di conformità mendaci su dichiarazioni contenenti crediti Iva fittizi». La sua condotta, secondo il gip, non è stata «mossa da una mera negligenza professionale»: Colonnello avrebbe agito «nella consapevolezza del carattere fittizio della documentazione sulla quale è stato chiamato ad apporre il proprio visto di conformità, in tal modo accettando quantomeno il rischio di offrire un indispensabile contributo causale alla perpetrazione della truffa».
L'ORDINANZA «La permanenza in libertà degli indagati», scrive il gip, «comporta il concreto e attuale pericolo di inquinamento probatorio, sia in relazione al compendio già acquisito, sia in relazione alla formazione di ulteriori fonti di prova, di natura testimoniale, suscettibili di essere influenzate mediante pressioni dirette o indirette da parte degli indagati». Non solo: «Le indagini risultano orientate all'individuazione e al recupero dei profitti illeciti derivanti dai reati accertati, e vi è il fondato pericolo che, in caso di permanenza in stato di libertà, gli indagati possano compiere ulteriori reati della medesima indole, occultare o disperdere le somme provento dell’attività delittuosa, pregiudicando in modo irreversibile l’efficacia delle attività di recupero da parte dell’erario».
«VANNO ARRESTATI» Per il gip, «la gravità dei fatti e la personalità degli indagati inducono a ritenere che non possa ragionevolmente farsi affidamento su un loro spontaneo adempimento degli obblighi e delle prescrizioni conseguenti all’applicazione di misure meno afflittive». Tradotto: l’imprenditore e i due commercialisti vanno arrestati.