«Diossina sepolta a due passi dal fiume» 

CHIETI. Diossina, cloruro di vinile, idrocarburi e amianto. Ecco i veleni sepolti nelle aree golenali del fiume Pescara. Una bomba ecologica vasta 28 ettari. Mentre ci inoltriamo su una stradina...

CHIETI. Diossina, cloruro di vinile, idrocarburi e amianto. Ecco i veleni sepolti nelle aree golenali del fiume Pescara. Una bomba ecologica vasta 28 ettari. Mentre ci inoltriamo su una stradina sterrata, apparentemente insignificante, ci accorgiamo che quello che calpestiamo non è terra ma un cumulo di 4 ettari di rifiuti, tra via Papa Leone XXIII e il fiume. Il corso d'acqua scorre a neanche cinquanta metri dal bordo dell'ammasso di inerti e scorie. Ttra cui le famigerate ceneri di fonderia piene di sostanze pericolose.
Ecco, proprio sul bordo della strada usata ogni giorno da centinaia di persone, i rifiuti industriali hanno addirittura cambiato la morfologia dei luoghi: ad un certo punto l'area pianeggiante si alza e adesso invece di camminare su floridi terreni agricoli ci troviamo su un'area in cui è stata accertata una pesante contaminazione con superamenti dei limiti di legge per le sostanze tossiche e cancerogene nell'acqua di falda e nei suoli.
Lo rivelano due documenti redatti e finanziati dal Comune di Chieti e che Il Centro ha esaminato. «Siamo in un Sito per le Bonifiche», spiega racconta Augusto De Sanctis, del Forum H2O, che ci accompagna nel reportage tra i veleni della bassa Valpescara. «I primi dati estremamente preoccupanti della contaminazione risalgono agli anni della conceria Cap. Allora chiedemmo l'inserimento dell'area industriale di Chieti scalo direttamente nel Sito Nazionale di Bonifiche di Bussi. Il Ministero optò per una soluzione più limitata ma alla fine la Regione dovette riconoscere la gravità della situazione arrivando il primo marzo 2010 a istituire un Sito regionale di Bonifiche su circa 300 ettari di territorio teatino».
Il primo studio, condotto dall'Università di Chieti, ha individuato nelle aree agricole e golenali 21 siti con probabile seppellimento incontrollato di rifiuti. Più recenti, del 2016, sono i due studi che Il Centro è in grado di riassumere. Si tratta del "Piano della caratterizzazione ambientale delle zone agricole ed industriali libere”, e della relazione preliminare sugli esiti della campagna investigativa "Ritrovamenti rifiuti e superamenti csc campagna - indagini maggio 2014/luglio 2015".
Sei aree da tre a sei ettari, per un totale di 28 ettari, sono state monitorate in queste indagini attraverso trincee nel suolo e punti di prelievo dell'acqua di falda, i piezometri. Su 52 trincee in 19 sono stati trovati rifiuti, dai "semplici" rifiuti solidi urbani alle scorie industriali, passando per rifiuti dell'edilizia contenenti amianto. Addirittura si può leggere che la realizzazione di un sondaggio è stata interrotta, a quasi 13 metri di profondità, a causa di «una improvvisa, quanto inaspettata risalita di gas» con conseguente immediata «sospensione delle manovre» e «ritombamento del foro, in attesa di effettuare ulteriori approfondimenti». Nei restanti sondaggi è stata accertata la presenza nei terreni oltre i limiti di legge di idrocarburi pesanti, diossine, policlorobifenili e stagno.
Ma è il cloruro di vinile nella falda che preoccupa. E’ un clorurato cancerogeno ritrovato nel 67% dei punti con concentrazione fino a dieci volte i limiti di legge. Anche l'1,2 dicloropropano è risultato sopra ai limiti in 3 punti mentre l'arsenico, nella falda proprio sotto ai nostri piedi, è risultato 13 volte superiore al limite.
Lo studio precisa che non tutti i siti sono stati esaminati e, pertanto, si può dire che questi risultati rischiano di essere solo la punta dell'iceberg.
La sintesi della situazione la fa uno dei due studi: «Emerge con chiarezza l'esistenza di alcune aree che in passato (anche recente) sono state oggetto di una incontrollata attività di sversamento in superficie e di abbancamento in profondità di rifiuti di varia natura».
Ma sono passati sette anni dall’istituzione del Sir di Chieti scalo e, come al solito, al massimo si è fatto qualcosa come le indagini esplorative, peraltro preliminari e ancora da approfondire con la vera caratterizzazione. «Cioè nulla è stato fatto per la messa in sicurezza e chiunque può accedere anche per continuare a gettare rifiuti. E’ una situazione del tutto fuori controllo», conclude De Sanctis. Nel Masterplan sono stati stanziati 10 milioni di euro per questo sito e per quello del Saline-Alento. Ma persino 10 milioni ora sono pochi per disinnescare la bomba ecologica accanto al fiume Pescara.