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Finta bomba a Bonanni, spunta anche una P38

Dopo il finto attentato, spuntano una pistola e un passamontagna. Nunziato resta in cella

CHIETI. Altro che finto attentato a Raffaelle Bonanni, ex leader nazionale della Cisl. In quella casa di Francavilla erano celati anche una pistola P38 Smith & Wesson a tamburo e un passamontagna da rapinatore o altro. Per la procura distrettuale dell’Aquila, i “terroristi della porta accanto” erano pronti a colpire. Così, il presunto capo del gruppo, quel Davide Nunziato, di 35 anni, arrestato il 21 ottobre dalla polizia di Chieti, resta in carcere. Lo ha deciso in tribunale del riesame dell’Aquila che ha respinto la richiesta di libertà presentata dal difensore, Giancarlo De Marco.

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Oggi toccherà all’altro indagato, Davide Colasante, 21 anni di Guardiagrele, difeso dall’avvocato Graziano Benedetto, conoscere il suo destino. Anche il giovane guardiese è coinvolto nella singolare storia dell’attentato burla all’esponente sindacale che passa le ferie in viale Alcyone a Francavilla, e quindi nell’accusa di “minaccia aggravata da finalità di eversione dell’ordine democratico”.

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Ma era un attentato-scherzo perché la bomba fatta in casa che i due avrebbero piazzato il 21 marzo scorso davanti al portone di Bonanni non sarebbe mai esplosa. Non era un ordigno, ma un involucro di carta contenente bulloni di ruote d’auto e fili dell’elettricità, buoni però a terrorizzare il destinatario. E se a questo si aggiunge che Nunziato, personaggio sui generis che su Facebook si fa chiamare Viktor Al Zarqawi, come il vice di Bin Laden, e collezionava video delle decapitazioni choc dell’Is, è anche il vicino di casa francavillese di Bonanni, il quadro terroristico, stile anni di piombo, crolla del tutto.

Era così fino a pochi giorni fa. Ma ora però l’inchiesta sui due terroristi per gioco, e sulla moglie di Nunziato, la 30enne pescarese Valeria Di Stefano, si è arricchita di due indizi che hanno spinto i giudici del riesame a dire no alla libertà per “l’integralista” Nunziato.

I due nuovi indizi sono la P38 e un passamontagna che Nunziato nascondeva sotto il letto. Era la moglie Valeria che gli acquistava le armi grazie a un permesso a usarle al poligono rilasciato (ma poi ritirato) dalla questura di Pescara. Ma quella pistola a tamburo resta sospetta e forse può spiegare anche il nome di un quarto complice che, sulle carte del pm aquilano, Antonietta Picardi, è ancora coperto dalla parola omissis. Domani il pm sentirà Colasante. I veri progetti dei “terroristi di casa nostra” verranno a galla?