Frode sui fondi per il Covid: sott’accusa 3 persone e 4 società

Chieti, l’inchiesta della Finanza: scoperto il raggiro. Chiesto il rinvio a giudizio per tutti: «Con un disegno criminale si sono impossessati di 74mila euro». Nei guai anche il consulente contabile che ha trasmesso le istanze all’Agenzia delle Entrate
CHIETI. Un clic dopo l’altro, nel silenzio di un’Italia bloccata dalla pandemia. Mentre il Paese cercava un’ancora di salvezza economica nei decreti legge, uno schema criminale, secondo la procura della Repubblica di Chieti, trasformava quegli aiuti in una frode. Al centro dell’indagine, tre persone e una costellazione di quattro società con base tra Tollo, Miglianico, Ortona e Ripa Teatina. L’accusa è quella di aver ottenuto indebitamente, ai danni dell’Agenzia delle Entrate, un totale di 73.981 euro di contributi a fondo perduto, destinati alle imprese messe in ginocchio dal Covid 19, attraverso istanze online contenenti attestazioni false. Ora il pubblico ministero Giancarlo Ciani, al termine dell’inchiesta condotta dalla guardia di finanza, ha firmato la richiesta di processo: l’udienza preliminare, davanti al giudice Enrico Colagreco, è stata fissata al prossimo 4 febbraio.
La procura delinea un assetto operativo con al vertice due tollesi: Nelda Maione, 77 anni, indicata come l’amministratrice di diritto di tutte le società, e Umberto Evangelista, 50 anni, ritenuto l’amministratore di fatto. A completare il quadro, secondo l’accusa, c’è Enzo Colonnello, 47 anni, consulente contabile, anche lui di Tollo, incaricato di tradurre il piano in pratica, trasmettendo telematicamente le istanze per i contributi. In concorso tra loro, avrebbero messo in atto un «medesimo disegno criminoso» per drenare fondi pubblici a cui le loro società non avrebbero avuto diritto.
Il meccanismo, stando alla ricostruzione della procura, si basava sulla falsificazione dei requisiti economici imposti dai vari decreti legge emanati tra il 2020 e il 2021. La normativa legava l’erogazione dei fondi non solo a un calo di fatturato pre-pandemico, ma anche ad altre condizioni. Secondo l’atto d’accusa, le istanze presentate attestavano falsamente il rispetto di questi parametri, inclusi requisiti specifici come l’essere già beneficiari di aiuti precedenti o, per alcuni contributi del 2021, la titolarità di reddito agrario. Un sistema che avrebbe così determinato l’accredito di somme non dovute da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Sotto la lente della magistratura sono finite quattro società, due a responsabilità limitata semplificata (Fuori Rotta e Le Tre Rose) e due a responsabilità limitata (M.N. Trasporti e M.A. Trasporti). La Fuori Rotta, con sede a Miglianico, avrebbe percepito la somma più cospicua: 40.163 euro tra il luglio 2020 e il giugno 2021. Seguono la M.N. Trasporti di Tollo, con 12.058 euro, Le Tre Rose di Ortona, con 11.702 euro, e la M.A. Trasporti di Ripa Teatina, che avrebbe ricevuto 10.058 euro. Denaro pubblico che, dice la tesi accusatoria, sarebbe stato ottenuto illecitamente tra il 2020 e il 2021.
Gli imputati – difesi dagli avvocati Massimiliano Ceddia, Italo Colaneri e Stefania Edmondo – sono chiamati a rispondere del reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
Ma le conseguenze legali non si fermano alle persone fisiche. La procura ha infatti contestato anche la responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 231 del 2001. Questa legge estende la responsabilità alle società per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio dai vertici aziendali. L’accusa sostiene che le quattro realtà imprenditoriali abbiano tratto un «ingiusto profitto patrimoniale» dalla condotta illecita dei loro amministratori, non avendo adottato e attuato alcun modello di organizzazione, gestione e controllo, idonei a prevenire i reati della specie di quelli verificatisi. Ora spetterà al giudice valutare se gli elementi raccolti siano sufficienti per mandare a processo imputati e società.
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