Furto da mezzo milione al portavalori, chiusa l’inchiesta: adesso in cinque rischiano il processo

24 Luglio 2025

Nei guai una guardia giurata, gli esecutori materiali e i fiancheggiatori del raid compiuto nell’area di servizio di Sambuceto. Tra gli indagati c’è anche una donna è accusata di aver recuperato il marito con l’auto di famiglia dopo il colpo

CHIETI. In cinque rischiano di finire sotto processo per la rapina simulata al furgone portavalori della ditta Battistolli, un colpo che ha fruttato un bottino di quasi mezzo milione di euro. È arrivata al capolinea l’inchiesta dei carabinieri del nucleo investigativo di Chieti sul raid messo a segno lo scorso 13 dicembre a San Giovanni Teatino, nell’area di servizio davanti al Centro commerciale d’Abruzzo, in località Sambuceto, nelle vicinanze dell’asse attrezzato che collega il capoluogo teatino a Pescara: il pubblico ministero Giancarlo Ciani ha firmato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto che prelude generalmente alla richiesta di rinvio a giudizio. 

I NOMI

Sott’accusa ci sono la guardia giurata Walter Pardi, 57enne del posto che era alla guida del veicolo da cui sono state portate via quattro valigie contenenti il denaro; i presunti esecutori materiali, vale a dire Jacopo Di Matteo, 32 anni, originario di Penne e residente a Picciano, e il napoletano Luigi Di Donato, 44 anni, domiciliato a Cappelle sul Tavo; la moglie di quest’ultimo, Manoa De Luca, 47 anni, che si sarebbe occupata di recuperare in auto il marito dopo il raid; e Domenico Pollice, 50 anni, un napoletano che vive a Montesilvano, finito nei guai per aver contribuito a rubare due automobili poi utilizzate per realizzare il piano criminale. Tutti accusati di furto pluriaggravato, i primi quattro devono rispondere anche di simulazione di reato e i primi tre pure di detenzione e porto in luogo pubblico di arma.

IL FURTO DELLE AUTO

Una settimana prima di entrare in azione nel distributore di Sambuceto, gli indagati si sono impossessati di una Ford Puma e di una Fiat 500X di proprietà della ditta di autonoleggio per la quale lavorava Pollice. Questi avrebbe simulato l’effrazione della porta di accesso della ditta da parte di persone ignote, al fine di rubare le chiavi delle due macchine, facendo così apparire consumato il furto a opera di sconosciuti.

LA RAPINA SIMULATA

Pardi e gli “operativi” Di Donato e Di Matteo, insieme a «un terzo soggetto tuttora ignoto», hanno simulato l'assalto mentre la guardia giurata, a tutti gli effetti complice, stava facendo rifornimento nell’area di servizio Ip. Secondo la procura, dunque, la rapina è stata solo una messinscena. Quel che è certo è che dal retro del portavalori sono state portate via le valigie contenenti 411.000 euro e 17.000 dollari statunitensi. La De Luca, invece, è accusata di aver recuperato, subito dopo il maxi furto, il marito Luigi, portandolo con l’auto di famiglia nella loro abitazione.

LE AGGRAVANTI

Il pubblico ministero contesta l’aggravante dell’uso di «mezzi fraudolenti e della destrezza». La banda, per aprire le valigie di sicurezza che custodivano il denaro, ha usato una chiave clone di quella elettrica, detta «dallas», conservata all'interno del caveau di San Giovanni Teatino della Battistolli. Pardi e Di Matteo hanno fatto le «prove generali» il 23 novembre 2024, quando hanno verificato il funzionamento di questa chiave in occasione del trasporto di una delle valigie poi sottratte il 13 dicembre. Sono scattate le ulteriori aggravanti di aver causato «un danno economico di rilevante entità»; del numero di partecipanti alla commissione al reato, vale a dire più di tre persone; di aver compiuto il fatto con «abuso della relazione lavorativa in essere da parte di Pardi con la società Battistolli». Per rendere maggiormente credibile la tesi della rapina, Di Donato e Di Matteo hanno preso in consegna da Pardi la pistola e il relativo caricatore con dieci colpi che lui aveva con sé durante lo svolgimento del servizio di trasporto valori.

LA DIFESA

Attualmente Di Donato è rinchiuso nel carcere di Madonna Del Freddo, Pardi e Di Matteo sono agli arresti domiciliari, mentre Pollice è sottoposto all’obbligo di dimora a Montesilvano. Gli indagati – difesi dagli avvocati Gianluca Carlone, Pasquale D’Incecco, Antonio Scipione, Antonio Valentini, Andrea Pizzirani, Monica Triozzi e Danielle Marguerite Mastrangelo – hanno venti giorni di tempo per presentare memorie, produrre documenti o chiedere di essere interrogati. Poi la procura deciderà se sollecitare il rinvio a giudizio o chiedere l’archiviazione.