Il bar Sevel risorge dall’incendio doloso «Tanta solidarietà»

Atessa, lavori quasi ultimati davanti alla fabbrica del Ducato Il titolare: grazie a tutti, ma ancora non so chi ha dato fuoco
ATESSA. Una casetta bianca, con porte e finestre e lavori ancora in corso, è il segno della vita che continua, il messaggio che ci si rialza anche dai momenti più bui. Sono passati due mesi dall’incendio doloso che ha devastato il “Bar Sevel”, il piccolo chiosco punto di riferimento per le migliaia di lavoratori dello stabilimento del Ducato. I proprietari, Pietro Simigliani e la moglie Concetta Pellicciotta, non si sono persi d’animo. Superato lo sconforto del primo momento, l’attività di una vita ridotta in cenere, si sono rimboccati le maniche e si sono dati da fare per tornare ad aprire il bar al più presto. E lungo questo nuovo percorso hanno trovato tanta solidarietà.
«Oggi ho ricevuto una bella notizia», ha detto Simigliani ieri al telefono, «è arrivata anche l’ultima autorizzazione che aspettavo. Adesso possiamo ultimare i lavori che mancano. Se siamo riusciti a rimetterci in piedi è grazie a tutte le persone che ci sono state vicine, davvero tante: dalle maestranze delle Sevel e i sindacati, agli amici professionisti, avvocati, architetto, geometra, ingegnere, che ci hanno aiutato con i progetti e i permessi senza volere nulla. Anche le ditte da cui ci riforniamo ci hanno dato un grande aiuto».
In questi mesi sono state rimosse le macerie del vecchio bar ed è stata messa in sicurezza la struttura, il cui interno si era salvato dal rogo. L’esterno è stato ricostruito con pannelli “sandwich”, metallici e isolanti, e così il tetto. «C’è ancora qualcosa da fare, l’impianto elettrico, il rivestimento», spiega il barista, «ci sarà un sistema di sicurezza? Ho fatto l’assicurazione».
L’incendio era scoppiato nella notte tra il primo e il 2 febbraio, venerdì e sabato. Intorno alla mezzanotte i primi a notare le fiamme erano stati i vigilanti dello stabilimento Sevel, che hanno il gabbiotto a poche centinaia di metri dal chiosco. Sull’asfalto c’era una striscia scura, probabilmente carburante. Il ricordo di quella notte è ancora vivo.
«Non sappiamo chi ha fatto una cosa del genere né il motivo», continua Simigliani, «non ci dormo la notte a pensare dove, in cosa, ho sbagliato, ma non trovo spiegazione. Non abbiamo mai ricevuto una minaccia, né litigato con qualcuno o fatto debiti. Per questo continuo a pensare che non fosse un gesto diretto a me. Spero di farcela per la fine del mese a riaprire».
Stefania Sorge
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