Sambuceto

Colpo alla Fameccanica in cui sparì un’intera linea industriale: un indagato per il furto da 235mila euro

12 Settembre 2025

Continuano le indagini dei carabinieri di Sambuceto, sotto accusa finisce un autotrasportatore di una ditta esterna incaricato della consegna a una società romena. Ma il macchinario per produrre pannolini non è mai arrivato a destinazione. 

CHIETI. È un furto che ha la stazza di un elefante e la specificità di un bisturi. Quello di una linea industriale per produrre pannolini, un gioiello di ingegneria da 235.000 euro, svanita nel nulla. Un’operazione che, secondo la procura della Repubblica di Chieti, sarebbe stata resa possibile dall’unico uomo che avrebbe dovuto garantirne il viaggio: l’autotrasportatore incaricato della consegna.

Tutto ha inizio in una delle realtà di punta dell’industria teatina, la Fameccanica di Sambuceto, azienda di statura globale specializzata nella progettazione di soluzioni ad alta tecnologia per i beni di largo consumo e fiore all’occhiello della Val Pescara. Dai suoi stabilimenti escono macchinari complessi destinati a produrre quegli articoli, come i pannolini e gli assorbenti, che scandiscono la quotidianità di milioni di famiglie.

Il 18 settembre 2023, proprio una di queste linee di produzione, un concentrato di meccanica di precisione e automazione dal valore di quasi un quarto di milione di euro, viene caricata su un tir. Destinazione: la MGTech Industry, una società con sede in Romania. Il trasporto è affidato a una catena logistica consolidata, ma quel giorno il compito materiale è eseguito da una ditta in subappalto. Alla guida del mezzo pesante c’è Michelangelo Crescenzo, 54 anni, originario di Sarno e residente a San Valentino Torio, in provincia di Salerno. Il viaggio verso l’Est Europa, però, subisce una deviazione imprevista e definitiva. Passano tre giorni. Dalla Romania, la MGTech Industry contatta Fameccanica con una comunicazione allarmante: del tir e del suo prezioso contenuto non c’è traccia. Il macchinario non è mai arrivato. Scatta immediatamente la denuncia ai carabinieri della stazione di Sambuceto, che avviano le indagini.

A quasi due anni di distanza, di quella linea industriale non è stata ritrovata neanche una vite. Questo dettaglio cruciale alimenta il mistero e la gravità del quadro accusatorio: far sparire un manufatto di tali dimensioni richiede un’organizzazione sofisticata, spazi adeguati per lo stoccaggio o lo smontaggio e, soprattutto, un canale di ricettazione in grado di piazzare un bene così specifico.

L’inchiesta non è semplice: non si tratta di un’auto rubata, ma di un carico industriale svanito subito dopo aver lasciato il deposito. I militari mettono insieme i pezzi del puzzle. Ascoltano le testimonianze di chi ha assistito alle operazioni di carico, verificano la documentazione di trasporto, ripercorrono virtualmente il percorso del camion. E ogni elemento sembra convergere su un unico punto di rottura nella catena della fiducia: l’autista, l’uomo che per mestiere unisce luoghi e interessi economici, e che in questo caso, secondo gli inquirenti, li avrebbe traditi.

La procura di Chieti ha ora chiuso il cerchio con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari firmato dal pubblico ministero Giancarlo Ciani. Secondo l’ipotesi accusatoria, Crescenzo si è impossessato della linea industriale. Sono scattate due aggravanti. La prima, quella di aver abusato di un rapporto di prestazione d’opera, descrive l’essenza del presunto tradimento: aver usato la propria posizione, la divisa professionale che garantisce accesso e fiducia, come un’arma per sottrarre il bene che si era incaricati di proteggere. La seconda aggravante è quella di aver causato «un danno di rilevante entità». L’indagato, assistito dall’avvocato Corradino Marinelli, avrà ora modo di difendersi dalle accuse.